Un nuovo scenario per la governance dell’integrità
La revisione 2025 dello standard ISO 37001 sui sistemi di gestione anticorruzione introduce innovazioni di rilievo che riflettono la crescente complessità dei contesti globali e l’esigenza di integrare principi di sostenibilità nei presidi etici delle organizzazioni. Tra le principali novità, l’inclusione esplicita del cambiamento climatico (climate change) come fattore rilevante nell’analisi dei rischi di corruzione rappresenta un punto di svolta, riconoscendo come le pressioni ambientali possano generare vulnerabilità e opportunità di condotte illecite, in particolare in settori strategici legati alla transizione ecologica. Il nuovo standard rafforza inoltre l’attenzione alla cultura organizzativa, alla formazione su base ESG, alla pianificazione strategica e al riesame continuo, promuovendo un approccio olistico e interfunzionale alla lotta contro la corruzione.
Nel contesto odierno, segnato da trasformazioni globali sempre più rapide e interconnesse, la lotta alla corruzione non può più essere affrontata esclusivamente con strumenti normativi tradizionali. La crisi climatica, la crescente attenzione alla sostenibilità e le sfide poste dall’evoluzione dei mercati globali impongono un ripensamento profondo delle strategie di prevenzione e gestione del rischio corruttivo. È in questo scenario che si colloca la nuova edizione della norma ISO 37001:2025 – Sistemi di gestione anticorruzione, rilasciata dall’International Organization for Standardization (ISO) con l’obiettivo di aggiornare e rafforzare l’impianto normativo in materia di integrità e trasparenza.
Lanciata originariamente nel 2016, la ISO 37001 è diventata nel tempo uno standard di riferimento internazionale per tutte le organizzazioni – pubbliche e private – che intendono dotarsi di un sistema strutturato per prevenire, rilevare e rispondere alla corruzione. Tuttavia, l’evoluzione del contesto globale ha reso necessaria una revisione significativa. La versione 2025 non si limita a un aggiornamento tecnico: essa propone un approccio più ampio e sistemico, che collega i rischi corruttivi ai grandi temi globali come il cambiamento climatico, la giustizia sociale e lo sviluppo sostenibile.
Una delle novità più rilevanti della nuova edizione è l’introduzione del cambiamento climatico come fattore rilevante nella valutazione del rischio di corruzione (punto 4.1). Questo rappresenta un vero e proprio cambio di paradigma: per la prima volta, una norma ISO anticorruzione riconosce esplicitamente il legame tra degrado ambientale e rischio etico, aprendo la strada a una nuova visione integrata del rischio. Parallelamente, l’attenzione alla sostenibilità attraversa l’intero impianto normativo, rafforzando il nesso tra integrità, responsabilità sociale e obiettivi di sviluppo sostenibile.
Il cambiamento climatico come rischio di corruzione: un tema di Business Ethics
L’esplicito riconoscimento del cambiamento climatico come fattore rilevante nella gestione del rischio di corruzione, formalizzato nel punto 4.1 della norma, segna un cambio di paradigma profondo: il climate change non è più solo un tema ambientale o economico, ma viene considerato anche una variabile critica nella governance dell’integrità.
Il climate change produce infatti dinamiche complesse di fragilità, urgenza e flusso di risorse, che possono aumentare drasticamente le opportunità di pratiche corruttive:
- emergenze ambientali (alluvioni, incendi, siccità) che impongono interventi rapidi e deroghe procedurali;
- progetti infrastrutturali legati alla transizione ecologica (energie rinnovabili, smart grid, mobilità sostenibile) con elevati investimenti pubblici e privati;
- fondi internazionali per l’adattamento e la mitigazione (come il Green Climate Fund), spesso indirizzati a Paesi con sistemi di governance fragili;
- regolamentazioni ambientali complesse e non sempre armonizzate a livello sovranazionale che rendono difficile orientarsi in modo chiaro.
Nel punto 4.1, la norma richiede all’organizzazione di determinare i fattori interni ed esterni che influenzano la sua capacità di raggiungere gli obiettivi del sistema di gestione anticorruzione. A questi fattori, la nuova versione aggiunge esplicitamente il cambiamento climatico, da considerare non solo come rischio operativo, ma come generatore di condizioni favorevoli alla corruzione.
Si tratta di un cambio concettuale rilevante: la corruzione non è vista solo come un evento isolato o una deviazione individuale, ma come un fenomeno sistemico, che può essere amplificato da pressioni esterne, come quelle generate dalla crisi climatica.
Per implementare correttamente questa innovazione normativa, le organizzazioni dovranno identificare e valutare le correlazioni tra clima e rischio etico all’interno del proprio contesto operativo. Alcune aree particolarmente sensibili includono, per esempio, gli appalti e contratti pubblici “green” come le gare d’appalto per impianti fotovoltaici, eolici, idroelettrici, i progetti di bonifica ambientale e gestione dei rifiuti e gli interventi di efficienza energetica. Oppure, in caso di disastri naturali e risposte emergenziali, andranno monitorati i rischi connessi a possibili favoritismi nella ricostruzione post-evento climatico o assegnazione opaca di fondi per risarcimenti o interventi straordinari. Ma anche, l’accesso ai finanziamenti sostenibili ove sono possibili fenomeni di corruzione nei meccanismi di erogazione dei fondi UE (Next Generation EU, PNRR) o manipolazione dei criteri ESG per ottenere vantaggi indebiti. Ancora in tema di permessi, licenze e autorizzazioni ambientali particolare attenzione andrà posta nella gestione del rischio di possibile rilascio irregolare di autorizzazioni per costruzioni in aree a rischio o abusi nei procedimenti di VIA (Valutazione di Impatto Ambientale); oppure, in sede di monitoraggio e controllo ambientale, nella verifica di possibili interferenze nei processi ispettivi o manipolazione dei dati ambientali per nascondere violazioni.
Verso una mappatura del rischio climatico-corruzione
Alla luce di quanto sopra, l’adozione della ISO 37001:2025 impone l’elaborazione di una nuova metodologia di risk assessment in grado di:
- identificare le interazioni tra clima e funzione aziendale, incluse supply chain, compliance e governance;
- valutare i rischi in contesti ambientali instabili, tenendo conto di fragilità territoriali, risorse naturali critiche e dinamiche locali;
- integrare strumenti di analisi ESG nella valutazione etica, combinando indicatori ambientali e reputazionali;
- rafforzare la due diligence su partner e fornitori, soprattutto in settori ad alto impatto ambientale.
L’implementazione del punto 4.1 può essere accompagnata da alcune buone pratiche organizzative:
- creare unità di analisi del rischio climatico in collaborazione tra ufficio compliance, sostenibilità e risk management;
- introdurre formazione specifica sui temi “clima e corruzione” per i decision maker;
- adottare indicatori di performance ambientale ed etica congiunti;
- favorire audit tematici sulle attività a maggiore esposizione (green procurement, fondi sostenibili, progetti ambientali).
Più che un obbligo, il punto 4.1 rappresenta una straordinaria opportunità per le organizzazioni che intendono evolvere verso un modello di etica sistemica. L’integrazione del rischio climatico nella gestione anticorruzione spinge infatti ad adottare una visione integrata del rischio, che supera la frammentazione tra compliance, sostenibilità e strategia e promuove una innovazione significativa nei processi decisionali e nei criteri di valutazione dei partner rafforzando la reputazione e la fiducia degli stakeholder, oggi sempre più sensibili ai temi ambientali e sociali.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link