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Sviluppo rete elettrica a misura delle rinnovabili


Sicurezza della rete elettrica: cosa serve in Italia per renderla a misura di rinnovabili

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La sicurezza della rete elettrica è una priorità su cui si lavora da tempo, in Italia e in Europa. C’è bisogno di una rete capace di gestire al meglio il contributo sempre maggiore di produzione da fonti rinnovabili, dovendo sostenere l’obiettivo di una crescente elettrificazione dei consumi. Questo richiederà investimenti cospicui, in termini di infrastrutture.

Pochi giorni fa, Terna ha comunicato l’aggiornamento del Piano Industriale 2024-2028, annunciando un aumento di 600 milioni di euro degli investimenti per il Piano di Sicurezza rispetto al precedente Piano, passati così a 2,3 miliardi di euro.

Si deve lavorare per rendere sicura, resiliente e flessibile la rete, evitando blackout specie di dimensioni ampie, com’è accaduto a fine aprile in Spagna e in Portogallo.

Emilio Ghiani, docente di Sistemi Elettrici per l’Energia presso l’Università degli Studi di CagliariEmilio Ghiani, docente di Sistemi Elettrici per l’Energia presso l’Università degli Studi di CagliariMa qual è la situazione che vive l’Italia? Da dove partire per assicurare adeguata sicurezza alla rete elettrica nazionale?

«Partiamo dalla situazione attuale della rete. Essa conta su un gran numero di masse rotanti, presenti nelle centrali idroelettriche e negli impianti termoelettrici con turbine a gas o a vapore, anche alimentate a carbone, che sono ancora in servizio e che potrebbero rimanere in servizio ancora per lungo tempo, per garantire l’inerzia necessaria per stabilizzare la rete e resistere a guasti e interruzioni impreviste», spiega Emilio Ghiani, docente di Sistemi Elettrici per l’Energia presso l’Università degli Studi di Cagliari, svolgendo attività di ricerca e consulenza nel settore della produzione, trasmissione e distribuzione dell’energia elettrica.

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Garantire la sicurezza della rete elettrica: una questione complessa

La transizione energetica è auspicata, ma nel frattempo occorre contare su un sistema in grado di garantire la necessaria sicurezza alla rete elettrica, in attesa di poter disporre anche di sistemi di accumulo, capaci di garantire inerzia sintetica nelle reti elettriche, ovvero di simulare l’inerzia fisica dei rotori dei generatori tradizionali; caratteristiche che potranno essere messe in campo dai futuri BESS (Battery Energy Storage Systems) appunto e in particolare dagli inverter di ultima generazione associati ai sistemi fotovoltaici ed eolici e provvisti delle caratteristiche di “grid forming”.

Garantire la sicurezza della rete elettrica: una questione complessaGarantire la sicurezza della rete elettrica: una questione complessa

«È bene chiarire un aspetto, legato alla necessità di equilibrare la domanda con la produzione, e che spesso viene confusa con la stabilizzazione, due elementi che viaggiano su binari paralleli. È possibile equilibrare la rete, utilizzando batterie, utilizzando parte della produzione fotovoltaica che, in certe ore del giorno, determinerà la riduzione della potenza prodotta dagli impianti dispacciabili, potendo così equilibrare domanda e la produzione. Tuttavia, rimane la questione di dover disporre di una certa capacità di regolazione e velocità di reazione del sistema elettrico nel momento in cui si creano degli squilibri imprevisti e imprevedibili. In Spagna, quanto accaduto – e ancora da chiarire – può avere a che fare con l’eccesso di produzione fotovoltaica nel sud del Paese, ovvero nelle zone più sollecitate anche dal punto di vista delle variazioni di tensione. Oppure c’è chi adduce le cause alle pendolazioni della frequenza tra la parte del sistema elettrico più continentale dell’Europa e quello della Spagna. Quest’ultima si trova in come in una configurazione a pendolo, rispetto al baricentro, rappresentato dalla rete francese e tedesca, molto robuste».

La situazione di una rete elettrica è, quindi, molto complessa e l’Italia non fa eccezione. Anche se, ricorda ancora Ghiani. «Terna conosce bene questi problemi, è tra i primi TSO che hanno sviluppato un piano di difesa della rete elettrica, basato sulla rapidità di controllo sia della produzione sia dei carichi».

La necessità di mettere in sicurezza la rete elettrica nazionale è anche motivata dalle caratteristiche morfologiche del sistema elettrico, che si distende lungo la Penisola. «Proprio per evitare oscillazioni di tipo elettrico, soprattutto nelle centrali del Sud Italia nel passato sono stati modificati dei parametri negli stabilizzatori di rete, i cosiddetti Power System Stabilizer (PSS), capaci di fornire un contributo rilevante allo smorzamento delle oscillazioni».

Il ruolo della digitalizzazione per una rete più intelligente

C’è, però, da registrare, con la rapida espansione di fotovoltaico ed eolico, un incremento dei fenomeni di curtailment, ovvero del taglio dell’energia prodotta in eccesso rispetto alla capacità di assorbimento della rete, uno degli indicatori più evidenti della congestione rete elettrica.

L’aumento dei distacchi è legato proprio a esigenze di sicurezza della rete elettrica.

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Il ruolo della digitalizzazione per una rete più intelligenteIl ruolo della digitalizzazione per una rete più intelligente

Posto questo, occorre individuare le soluzioni. Tra queste, un contributo importante potrà fornirlo la digitalizzazione e una maggiore “intelligenza” della rete. «Spesso si parla di smart grid, come di un elemento prospettico. In realtà, a livello di trasmissione, la smart grid esiste da anni. La fune da guardia, che in un traliccio che funge da parafulmini, al suo interno contiene anche fibre ottiche che assicurano una trasmissione di dati capillare e rapidissima, garantendo l’interconnessione digitale di tutte le stazioni elettriche del sistema di trasmissione», sottolinea il docente ed esperto di sistema elettrico.

La digitalizzazione si sta estendendo anche alla rete di distribuzione, abilitatrice della transizione energetica e strutturalmente complessa, anche solo per numero di operatori attivi: 128 che gestiscono gli oltre 36 milioni di punti di prelievo. «Per controllare questa complessità sempre maggiore, un contributo può venire dalle nuove apparecchiature conformi alla CEI 0-16 (regola tecnica di riferimento per gli impianti che vengono connessi alle reti ad alta e media tensione), e alla CEI 0-21 (gli impianti da connettere alle reti a bassa tensione), che hanno delle potenzialità, soprattutto dal punto di vista del telecontrollo e della digitalizzazione, ma che ancora non sono utilizzate e che potrebbero essere impiegate per fornire servizi di flessibilità a mercato nel prossimo futuro».

L’evoluzione problematica della rete, tra sviluppo e obiettivi

Resta da comprendere come dovrà evolvere il sistema elettrico per garantire di soddisfare gli obiettivi fissati al 2030 e successibili, garantendo la necessaria sicurezza della rete elettrica. «Il nodo è proprio questo: si vuole aumentare il quantitativo di produzione da rinnovabili da installare, necessità ineludibile, ma poi si deve fare i conti con la rete, l’elemento abilitante. Senza una rete, attesa a una crescita sostanziale rispetto a quella attuale, non si potranno raggiungere i livelli di potenza installata previsti dal PNIEC. Di sicuro non si riuscirà a farlo da qui al 2030, ormai prossimo».

Tra i problemi ormai noti ci sono quelli relativo alle procedure autorizzative che non riguardano solo l’impianto di produzione (fotovoltaico, eolico ecc.) o di stoccaggio, ma ha a che fare anche con le opere di connessione alla rete. «Un nuovo impianto eolico in alta tensione richiede la realizzazione di nuove linee o il potenziamento di quelle esistenti, che, se di tipo aereo, comportano procedimenti autorizzativi molto lunghi, che possono durare anche anni».

I problemi che rallentano i processi della transizione energetica sono diversi, elenca lo stesso docente ed esperto, dalle procedure burocratiche, che rappresentano un ostruzionismo implicito non manifesto, al sotto dimensionamento della forza lavoro che tocca sia gli organismi ministeriali e regionali preposti al rilascio delle autorizzazioni, sia i TSO e i DSO cui spetta l’ultimo atto di connessione degli impianti alla rete elettrica.

«Purtroppo si frappongono tanti ostacoli e freni. Anche se non espliciti, nella realtà esistono, sia dal lato della regolamentazione, sia da quelli che dovrebbero essere gli abilitatori di rete, ma che – alla prova dei fatti – non consentono una progressione spedita verso degli obiettivi della decarbonizzazione del sistema elettrico», conclude Ghiani.

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FAQ Sviluppo rete elettrica

Qual è la lunghezza della rete elettrica italiana?

A proposito di sicurezza della rete elettrica, è bene sapere che la rete di distribuzione elettrica italiana si estende per quasi 1.300.000 km, per il 69% costituita da reti in bassa tensione, ed è quasi tre volte più lunga della rete idrica, ricorda Enel. Ben più estese le linee in alta tensione, che si sviluppano su 75.140 km complessivi, annota Terna.

Questa rete è al centro di un’evoluzione tangibile, se si pensa che nel 2023 sul territorio nazionale sono stati effettuati 371.500 nuovi allacci e che solo dieci anni prima erano stati 50mila. Questa tendenza si nota soprattutto negli ultimi anni. Se, dal 2014 al 2020, gli allacci alla rete hanno registrato un aumento di 287.395 unità, con una crescita del +44% in sette anni, gli allacci dal 2021 al 2023, sono stati ben 581.340 unità in più, una crescita del 57% in soli tre anni.

Quali sono le dimensioni della rete europea?

Quella italiana è parte della infrastruttura europea, che necessita di uno sviluppo sensibile. A oggi, la rete elettrica dell’UE si estende per oltre 11 milioni di km e serve 266 milioni di clienti, ricorda la Corte dei Conti Europea, evidenziando che gran parte di essa è obsoleta e impreparata alla crescente elettrificazione. Per raggiungere l’obiettivo zero emissioni nette entro il 2050 sono necessari investimenti nella rete ingenti.

Di quali investimenti c’è bisogno?

La Commissione UE stima che occorrano tra i 1,9 e i 2,2mila miliardi di euro da qui al 2050 per adeguare la rete, ma i piani attuali dei gestori di rete, arrivano a 1,8 mila miliardi.

Per questo, la Commissione UE ha presentato proprio in questi giorni un documento di orientamento sugli investimenti preventivi per lo sviluppo di reti elettriche lungimiranti. In esso si stima la necessità di 730 miliardi di euro per la distribuzione e 477 miliardi di euro per lo sviluppo delle reti di trasmissione necessari entro il 2040.

 

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