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Pnrr e rigenerazione urbana, l’appello Ance al governo


I costruttori non fanno sconti al governo e al vicepremier Matteo Salvini: all’assemblea annuale dell’Ance, la presidente Federica Brancaccio elenca, uno per uno, tutti i problemi del comparto che è e resta centrale per l’economia nazionale mentre al ministro delle Infrastrutture non resta che snocciolare i numeri dei progetti e delle opere in corso imbastendo, da subito, una polemica, nemmeno troppo piccola, sul Pnrr: “Ho ereditato l’impegno a comprare 2mila autobus cinesi, ma per questi non farò debito”.
L’appuntamento annuale dei costruttori Ance s’è tenuto a Roma. Dopo aver esortato i colleghi a tener duro e a “reagire con coraggio, senza paura, come fecero i nostri padri alla fine di due guerre fratricide che sconvolsero il mondo”, ha iniziato a illustrare, punto per punto, il cahier de dolèances degli imprenditori edili dell’Ance al governo. A cominciare dalla necessità di archiviare, una volta e per sempre, la stagione dei tagli e il culto della spending review: “È il momento di archiviare definitivamente i vecchi paradigmi che hanno segnato i primi anni 2000: tagli sistematici a sanità, scuola e infrastrutture, misure frammentarie e discontinue, competenze sovrapposte e spesso in conflitto”, ha spiegato la presidente Federica Brancaccio, convinta che la radice dei mali attuali sia da ricercarsi proprio in quella stagione da cui “sono nate politiche di breve respiro, limitate nel tempo e nella portata. Lo vediamo chiaramente nel mercato del lavoro: gli incentivi per l’assunzione di giovani e donne durano appena uno o due anni”. Sul tema delle grandi opere, Brancaccio fornisce numeri interessanti: “L’osservatorio Pnrr Ance ci dice che il 60% dei cantieri è in corso o concluso. È un dato incoraggiante, ma dimostra, ancora una volta la difficoltà di gestire il tempo. Per programmare bene occorre provare a immaginare scenari che durino”. Dal Pnrr, come sottolineano da tempo analisti e osservatori, dipende una fetta importante della crescita italiana. Ma c’è un nodo da risolvere, al più presto: “Le imprese edili sono state protagoniste di una stagione di grande rilancio dell’economia ma faticano ancora, come negli anni di crisi, ad essere pagate: dopo oltre 10 anni dall’apertura della procedura di infrazione Ue sui pagamenti, ci vogliono ancora più di 5 mesi contro i 30 giorni previsti. Sui ristori per il caro materiali stiamo aspettando quasi 3 miliardi di euro per lavori realizzati dal 2022 in poi”. Ma il pericolo vero è che quei soldi non si vedano proprio: “C’è chi rischia di non riceverli mai come le 2500 imprese impegnate nei 5 mila cantieri finanziati con il Fondo Opere Indifferibili. Senza pagamenti certi – ammonisce la presidente – si lede la possibilità di investire in innovazione e quindi nel futuro. Così come si mortifica il ruolo dell’imprenditore impedendogli di qualificarsi attraverso i lavori che subappalta, ma di cui è il primo responsabile”. Quindi la sfida sulla rigenerazione urbana: “Siamo troppo lenti, ditemi che tra un anno, alla prossima assemblea, potremo finalmente commentare la nuova legge sulla rigenerazione urbana, dotata delle necessarie risorse”. A questo punto la palla è passata a Salvini. Che ha illustrato le novità in cantiere, è proprio il caso di dirlo, in materia di edilizia. Illustrando, tramite slide, i numeri del ministero. Allo stato attuale, solo per le infrastrutture, sono in corso investimenti per 204,6 miliardi di cui 125,3 per le Ferrovie, 44 miliardi per le strade, trasporto pubblico per 26,2, infrastrutture idriche (6,3) e infine il piano sulla qualità dell’abitare, il Pinqua, con 2,8 miliardi. Ma non è tutto: a giugno saranno attivi 1.313 cantieri di manutenzione e cento per le nuove opere: “Ho chiesto di ridurli al minimo per la stagione estiva per diminuire i disagi agli utenti”. Salvini ha poi calato l’asso: “Manca solo l’approvazione del progetto definitivo da parte del Cipess. Ho chiesto una verifica dei tempi, e dovrebbe essere entro il mese di luglio di quest’anno”. E quindi, in materia di Pnrr, ha sottolineato lo strano caso dei bus cinesi: “Ho ereditato l’obbligo di acquisto di 2mila autobus elettrici, ma non ci sono. In Italia non li trovo, dovrei prenderli in Cina, ma se devo fare debito italiano per comprare all’estero non lo faccio, non lo faccio per comprare i bus cinesi”.

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