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Solo 69 mln euro investiti in italia dai corporate venture capital nel 2024. Ma il 2025 è tutta un’altra musica


Nel 2024, i veicoli di Corporate Venture Capital (CVC) facenti capo sia a gruppi italiani sia a gruppi esteri hanno partecipato a 15 round di startup innovative italiane , per un investimento complessivo di 69 milioni di euro. Nel 2023, l’ammontare era stato decisamente più elevato, pari a 228 milioni in 19 round, grazie ad alcuni round largamente al di sopra della media, come quelli di Shop Circle, Bending Spoons e D-Orbit che da soli avevano contribuito agli investimenti dei CVC per 109 milioni di euro. Nel 2022 il contributo di questi round era stato molto più rilevante, cioè 320 milioni di euro, grazie ai round di Scalapay, Satispay e ancora a un round di Bending Spoons. Se si escludono questi round, nel quinquennio 2020-24 l’impatto del CVC sul venture capital italiano si attesta intorno al 5% in termini di ammontare e tra il 4 e il 6% sul numero di round.

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Sono alcune delle cifre più significative che emergono dal primo Rapporto sul Corporate Venture Capital italiano presentato ieri a Milano e realizzato da Italian Tech Alliance in partnership con l’advisor finanziario Growth Capital, lo studio legale Rucellai & Raffaelli e infine Soverency, piattaforma francese di investimento in tecnologie innovative (si veda qui il comunicato stampa).

Da questi numeri si potrebbe facilmente concludere che dopo le due grandi fiammate del 2022 e 2023, questo particolare segmento del venture capital lo scorso anno abbia conosciuto una vera gelata. Ma si tratta di un’impressione sbagliata, perché, i CVC tricolore in realtà investono anche attraverso i fondi di venture capital e soprattutto investono anche tanto all’estero.

Sul fronte del fundraising dei fondi, ricordiamo infatti che, da uno studio precedente condotto da Growth Capital per Italian Tech Alliance, I fondi italiani di venture capital nei 10 anni tra il 2013 e metà 2023 hanno raccolto 2,4 miliardi di euro di capitali dagli investitori e di questi ben 244 milioni, cioè oltre il 10%, è arrivato da aziende, che si classificano così come quarta fonte principale di fundraising, dopo i fondi di fondi di emanazione governativadopo il Fondo Europeo di Investimento (FEI) e dopo family office e privati (si veda  qui l’inchiesta “Sempre più corporate investitori di venture. Ecco chi sono e perché” di BeBeez Magazine n. 21 del 25 maggio 2024).

Sul secondo fronte, quello degli investimenti all’estero, il Rapporto di Italian Tech Allliance ha calcolato che nel quinquennio 2020-24 i CVC italiani hanno partecipato in tutto a 139 round lanciati da aziende di tutto il mondo, quindi mediamente a 28 operazioni all’anno, ma di queste solo il 41% sono startup italiane, che nel quinquennio hanno raccolto 700 milioni di euro, ossia il 20% dei 3,5 miliardi complessivi di tutti i 139 round che hanno visot coinvolti i CVC italiani.

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In altri termini, i grandi gruppi italiani, soprattutto alcuni nomi come Angelini Ventures, Exor Seeds ed ENI Next, ma anche A2A Ventures eTerna Forward, sono molto attivi nel fare scouting di nuove tecnologie al di là dei confini italiani.

“I dati complessivi sono estremamente volatili e non sono indice di maggiore o minore attivismo da parte dei CVC italiani. Dipende dal generale fabbisogno delle aziende innovative, italiane ed estere, di nuovi capitali e anche dal generale andamento del mercato del venture capital”, spiega Giacomo Bider, Senior Associate di Growth Capital, che ha contribuito alla realizzazione del Rapporto. E aggiunge: “Tra l’altro non danno particolare importanza alla presenza di italiani tra i founder e negli organi di governance”.

Il basso livello di investimenti in startup italiani osservato ne 2024 è quindi dovuto anzitutto all’assenza di grandi round di raccolta da parte di scaleup che sono divenute ormai unicorni e il cui fabbisogno di capitale può condizionare pesantemente i volumi di mercato. Al netto dei megaround, l’andamento degli investimenti in Italia da parte dei CVC italiani ed esteri è molto più costante, mantenendosi su una media di circa 90 milioni di euro l’anno.

Va inoltre considerato, come sottolineato da Bider, che il 2024 non è stato un anno dei più brillanti per il venture capital italiano. E’ vero infatti che il 2024 ha  fruttato una raccolta in crescita rispetto al 2023, per un totale di oltre 1,7 miliardi di euro da parte di startup e scaleup di matrice italiana, spalmati in 287 round che hanno riguardato 283 società (si veda qui il Report di BeBeez sul Venture Capital nel 2024, accessibile agli abbonati a BeBeez News Premium e BeBeez Private Data), quando il 2023 si era chiuso con un totale di poco più di 1,5 miliardi di investimenti spalmati in 327 round (si vedaqui il Report Venture Capital 2023 di BeBeez). Tuttavia si tratta di numeri ancora ben al di sotto del dato record del 2022, quando si erano raggiunti i 2,57 miliardi di euro complessivi, spalmati su 339 deal (si veda qui il Report Venture Capital 2022 di BeBeez) e ancora più lontani dal picco del 2021, quando erano stati mappati investimenti per 2,9 miliardi, spalmati su 535 round (si veda qui il Report Venture Capital 2021 di BeBeez).

Nel 2025 sembra che la musica sarà diversa, visto che, secondo i dati preliminari raccolti da BeBeez, la cifra di circa 1,5 miliardi di euro raccolta in tutto il 2023 è già stata raggiunta nei primi sei mesi dell’anno (si veda qui il Report biotech di BeBeez) e il CVC italiano non dovrebbe fare eccezione, anche se resta forte l’attenzione a investire oltrefrontiera.

Basti pensare all’intensa attività di Angelini Ventures, che nell’anno in corso sinora ha investito nel round da 7 milioni della tedesca Vantis, in quello da 45 milioni della biotech di Singapore Nuevocor, in quello da 39 milioni di dollari dell’americanaTherini Bio, e infine in quello da 11,3 milioni di euro della biotech franco-belga Elkedonia.  Anche A2A Ventures ha investito in un’azienda svizzera, mentre Terna Forward lo ha fatto in Spagna.

Quindi, pur ancora limitato in termini numerici e sistemici, mostra segnali di crescita e consolidamento, ma da questi ultimi sviluppi emerge che occorre rafforzare il legame tra grandi gruppi e startup italiane. Il Corporate Venture Capital dà alle  grandi aziende l’opportunità di rafforzare il legame  con l’innovazione, ma in Italia si è ancora all’inizio di un percorso. I dati mostrano segnali positivi, ma servono maggiore consapevolezza, strutture dedicate e cambio di mentalità per trasformare il CVC in un motore stabile di crescita e competitività, commenta Davide Turco, Presidente di Italian Tech Alliance. Il CVC, se ben strutturato, può diventare fondamentale per intercettare nuove tecnologie, attrarre talenti e generare innovazione di lungo periodo. Questo studio vuole essere un punto di partenza per favorire la crescita di una cultura del CVC anche in Italia, valorizzando le esperienze già in atto e favorendo la nascita di nuovi modelli, perché un ecosistema dell’innovazione solido passa anche da un ruolo più attivo e strutturato delle corporate nel sostenere le startup più promettenti del nostro Paese.”

L’attenzione delle imprese italiane per il Corporate Venture Capital è in crescita, perché rappresenta anche una via di accesso, relativamente a basso costo, a ecosistemi dell’innovazione ai quali altrimenti le nostre imprese non accederebbero. È anche qualcosa che ha una sua eco nella storia industriale italiana: ARM, oggetto della più grande IPO del 2023, nasce da una iniziativa di corporate venture capital fatta negli Anni 80 da Olivetti. Due cose sono però fondamentali: l’emergere di prassi di mercato che facilitino i followers e l’allineamento di interessi con i co-investitori” ha aggiunto Enrico Sisti, partner di Rucellai &Raffaelli.

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Il Corporate Venture Capital è una leva fondamentale per connettere industria e innovazione, ma in Italia è ancora troppo poco utilizzata in modo strutturato e strategico. Il potenziale è evidente, così come il ritardo rispetto ai benchmark internazionali. Per colmarlo servono team dedicati e una maggiore integrazione tra startup e corporate. Questo studio offre una fotografia da cui partire per costruire un modello italiano più ambizioso e competitivo.” Fabio Mondini de Focatiis, Founding Partner di Growth Capital.


I corporate venture capital
sono monitorati da BeBeez Private Data,
il database del private capital di BeBeez, supportato dal fondo FSI

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