L’Assemblea dell’Anbi, Associazione nazionale dei Consorzi di gestione e tutela del Territorio e delle Acque irrigue (Anbi) 2025 – tenutasi a Roma tra l’8 ed il 9 luglio scorsi – è stata l’occasione per aggiornare l’agenda sulla futura gestione dell’acqua, la seconda materia prima per importanza in agricoltura dopo la terra. Ed anche il momento per ricordare i traguardi appena raggiunti, ma che devono diventare nuovi punti di partenza per l’attuazione delle strategie di resilienza ad un clima ormai drammaticamente mutato negli ultimi anni.
Molti gli interventi e le prese di posizione, che l’associazione ha poi sintetizzato in una sorta di vero e proprio manifesto per l’acqua. Tre gli interventi focalizzanti tenuti durante l’assemblea dagli ospiti: quello del ministro per le Infrastrutture, Matteo Salvini, che nel ricordare quanto l’acqua sia un asset strategico, ha espresso la necessità di una maggiore programmazione delle opere. Una necessità alla quale si sono aggiunti l’appello del presidente di Coldiretti, Ettore Prandini a ben sfruttare l’occasione posta dai Fondi di Coesione, che potranno essere utilizzati per realizzare opere idriche irrigue, e la necessità di avere un Piano Nazionale per l’Acqua, evocato dal presidente del Consorzio di Bonifica della Romagna Occidentale, Antonio Vincenzi, che ha parlato a nome di Confagricoltura.
Due le proposte forti di Anbi a chiusura dell’Assemblea annuale: la richiesta all’Unione Europea di finanziare un Fondo Strategico per l’Acqua, a sostegno della European Water Resilience Strategy (Ewrs); e un progetto di legge per estendere le competenze dei consorzi di bonifica nelle aree interne, in modo da trasformare i corsi d’acqua secondari in una risorsa, mentre oggi spesso rappresentano solo un problema di natura idrogeologica, sulla scia della nuova Legge Regionale sulla Bonifica recentemente approvata in Campania.
Lo scenario
Lo scenario sul quale vengono lanciate queste proposte forti è quello del grande cambiamento in atto. Secondo il Sistema Nazione per la Protezione dell’Ambiente, la regione del Mediterraneo subirà un incremento del rischio di siccità con lo stress dal caldo, aumentando la propensione di alcune aree a diventare aride e poco fertili. Il consumo idrico al 2050 rischia di crescere del 30% rispetto al 2019.
Recenti studi hanno collocato l’Italia fra i Paesi dell’Unione Europea con più alta quota di territorio, pari all’80%, esposta a stress idrico. Le perdite economiche legate al clima hanno toccato i 283 euro pro capite nel biennio passato. L’Italia si colloca in Europa nella parte bassa della classifica degli indici relativi alla capacità d’invaso, con 33 metri cubi per chilometro quadrato rispetto ai 222 metricubi per chilometro quadrato di Paesi Bassi e ai 106 metri cubi per chilometro quadrato della Spagna. Questi cambiamenti climatici impattano sul sistema agricolo italiano: nel solo 2024 la siccità ha causato danni al comparto agricolo italiano per 8,5 miliardi di euro.
Il preambolo: investire sull’acqua
L’Anbi – nel documento fatto circolare ieri – intanto esprime preoccupazione per un’ipotizzata riduzione del bilancio comunitario, destinato al settore agricolo ed alle azioni volte ad aumentare la resilienza idrica dell’agricoltura, a fronte dell’aumento di domanda da parte di altri settori economici, nonché all’intensificarsi dell’instabilità geopolitica. E mette in guardia dal rischio che “le componenti socio economiche del nesso acqua-cibo-ambiente rimangano prive di copertura”. Ribadita anche la “ferma opposizione a qualsiasi proposta di riduzione dei fondi stanziati per la Politica Agricola Comune nel futuro bilancio Ue”.
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L’Anbi inoltre “chiede di finanziare un ambizioso e concreto Fondo Strategico per l’Acqua e l’Agricoltura Irrigua e Multifunzionale a sostegno delle politiche idriche nazionali e dell’Unione Europea, capace di tradurre l’European Water Resilience Strategy (Ewrs) in risultati tangibili”.
In questo quadro Anbi ricorda che gli investimenti in infrastrutture irrigue, tecnologie efficienti, pratiche ecocompatibili sono il prerequisito per l’equilibrio fra sostenibilità ambientale, economica e sociale. E avverte: “Senza il Fondo Strategico per l’Acqua, l’Agricoltura Irrigua e Multifunzionale, l’Unione Europea rischia di compromettere la resilienza del proprio sistema alimentare, di ampliare il divario fra territori e di perdere competitività in un contesto globale, già fortemente instabile” sottolinea Anbi. Per questo, l’associaiozne chiede che gli aspetti finanziari, relativi al nesso acqua-cibo-ambiente, siano tenuti in debita considerazione.
Il Manifesto
Fin qui il preambolo, segue un vero e proprio Manifesto in 9 punti con il quale Anbi formula precise richieste, per ottenere:
- la garanzia di un’equa ripartizione degli sforzi tra i settori produttivi e la società attraverso un quadro completo ed una valutazione cumulativa (non di ogni singola azione) degli impatti del Green Deal sull’agricoltura irrigua;
- la riduzione dei rischi della transizione verso la sostenibilità di lungo termine, fornendo nuovi supporti finanziari per la rapida acquisizione di innovative tecnologie idriche e competenze tecniche, spesso non accessibili alle piccole e medie imprese (strumenti digitali, intelligenza artificiale, robotica, eccetera);
- la valorizzazione economica dei servizi ecosistemici, prodotti dall’agricoltura irrigua e dall’applicazione di soluzioni Nature Based Solutions (Nbs) e Nature Water Retention Measures (Nwrm), riconoscendone l’interesse pubblico e locale;
- risorse economiche all’agricoltura irrigua per attuare soluzioni e pratiche in linea con il requisito “l’efficienza idrica al primo posto” della strategia Ewrs, finora perlopiù autofinanziate;
- l’aumento del sostegno finanziario per il processo di modernizzazione del settore, in linea con il requisito “l’efficienza idrica al primo posto” dell’Ewrs;
- la pianificazione organica e strategica, a lungo termine, per la realizzazione di reti idrauliche agricole resilienti ed infrastrutture in grado di trattenere l’acqua nelle aree rurali, come la costruzione di bacini idrici multifunzionali anche per la ricarica delle falde e la produzione di energia rinnovabile (solare e idroelettrica), attenuando al contempo gli impatti negativi delle precipitazioni intense;
- una spinta sostanziale, di natura economica, politica ed organizzativa, verso l’agricoltura digitale 4.0 e 5.0 e l’agricoltura basata sull’intelligenza artificiale, contribuendo alla “Digital twins for the twin transitions” della Ue, guardando allo sviluppo ed alla diffusione di applicazioni e di strumenti con elevata capacità predittiva e complesse capacità di supporto decisionale;
- la regolare manutenzione del reticolo idrografico e delle infrastrutture idriche, nonché la realizzazione di nuove opere: le competenze e conoscenze espresse dai Consorzi di bonifica ed irrigazione, oltre a garantire efficienza operativa e sicurezza idraulica al territorio, sono fondamentali per lo sviluppo della “economia della manutenzione” e delle sue ricadute occupazionali;
- le condizioni per la sicurezza produttiva (e quindi di reddito) nel settore primario, nonché lo sviluppo socioeconomico sostenibile nelle comunità presenti nei 124 territori, previsti dalla Strategia Nazionale Aree Interne (Snai) 2021-2027: si tratta di zone sempre meno presidiate, perché interessate da fenomeni di spopolamento e desertificazione economica e per la cui rigenerazione va assicurata sicurezza idrogeologica e disponibilità di risorsa idrica.
“Il mondo dei consorzi di bonifica ed irrigazione ha dimostrato, anche nell’Assemblea nazionale appena conclusa, di avere una straordinaria capacità di visione rispetto a quello che serve, e non solo di rispettare le tempistiche per realizzarlo” ha evidenziato Francesco Vincenzi, presidente di Anbi.
Sempre secondo Vincenzi “Questa capacità deriva da un fattore specifico: i nostri uomini e le nostre donne conoscono il territorio e sanno cosa fare per migliorarlo. Auspichiamo che la politica ci dia la possibilità di intervenire anche a servizio delle popolazioni, che vivono nelle zone più difficili del nostro Paese a partire dalle aree interne, che sono il cuore pulsante dell’Italia e dove i residenti vogliono continuare a rimanere e fare impresa. A loro, che sono il 60% del nostro territorio, dobbiamo dare risposte concrete. Noi ci proponiamo, attraverso una proposta di legge, di gestire la manutenzione di quei corsi d’acqua impervi che possono creare gravi problemi idrogeologici, ma che devono invece tornare ad essere una risorsa per il territorio“.
“Le conseguenze della crisi climatica sono ormai un problema di giustizia sociale, ambientale, economica, perfino antropologica, perché a sopportare i danni sono le categorie più fragili. Il Piano Bacini Idrici Multifunzionali è una proposta per offrire nuove opportunità alle aree interne, che sono parte importante del nostro Paese e non possono essere considerate malati terminali” conclude Massimo Gargano, direttore generale di Anbi.
Di siccità si parla anche nel secondo episodio di Terra di Denari, il podcast di AgroNotizie® curato da Barbara Righini
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