Le associazioni europee degli editori di giornali EMMA ed ENPA ribadiscono la legittimità dei modelli “consent or pay” come strumento essenziale per la sostenibilità economica e l’indipendenza della stampa.
Nel mirino, la consultazione avviata dal Garante Privacy italiano che rischia – secondo gli editori – di mettere in discussione un sistema conforme al GDPR, già riconosciuto dalla Corte di Giustizia UE con la sentenza C-252/21.
Cos’è il modello “consent or pay”
Il modello “consent or pay”, conosciuto anche come cookie wall, paywall o consent paywall, si basa sull’offerta agli utenti di due opzioni: pagare per accedere a un servizio senza pubblicità personalizzata oppure acconsentire alla profilazione pubblicitaria in cambio dell’uso gratuito del servizio.
Si tratta di un approccio che si è diffuso sempre più nel settore digitale, suscitando numerose segnalazioni e reclami da parte degli utenti. Queste contestazioni evidenziano la crescente tensione tra la libertà contrattuale dei titolari e la tutela sostanziale dei diritti fondamentali delle persone.
Un modello che, ormai, sta assumendo una portata sistemica e richiede una valutazione complessiva che consideri molteplici aspetti: l’effettiva libertà del consenso, la trasparenza delle informazioni, il rispetto della libertà d’impresa, l’equità nell’accesso ai contenuti, gli effetti sulla concorrenza e le situazioni di vulnerabilità economica che possono interessare alcuni utenti.
La posizione degli editori europei
EMMA (European Magazine Media Association) ed ENPA (European Newspaper Publishers’ Association) sostengono la legittimità e l’uso dei modelli binari “consent or pay” da parte della stampa europea.
Questi modelli permettono ai lettori di scegliere se accedere ai contenuti editoriali pagando un corrispettivo monetario oppure acconsentendo all’uso dei propri dati personali per la ricezione di pubblicità personalizzata.
Secondo le associazioni, tale sistema rappresenta un metodo legittimo di monetizzazione dei contenuti editoriali digitali, in linea con il GDPR e confermato dalla Corte di Giustizia UE nella sentenza C-252/21.
In particolare, la possibilità per gli utenti di optare tra pagamento e consenso tutela la libertà di scelta, garantendo al contempo la sostenibilità economica degli editori in un contesto di crisi strutturale della carta stampata e di concentrazione pubblicitaria nelle mani dei grandi gatekeeper digitali.
Le minacce al settore e il ruolo dei modelli “consent or pay”
Il settore della stampa si trova oggi ad affrontare minacce strutturali sempre più gravi: dal calo delle vendite della carta stampata al controllo dei canali digitali e del mercato pubblicitario da parte di pochi grandi gatekeeper, fino allo sfruttamento dei contenuti editoriali da parte delle aziende di intelligenza artificiale mediante tecniche di c.d. scraping, che generano concorrenza sleale senza contribuire al loro finanziamento.
In questo scenario, ogni flusso di entrata diventa fondamentale per la sopravvivenza e la transizione dei media verso modelli di business in larga parte digitali.
Proprio per questo, spiegano EMMA ed ENPA, i modelli “consent or pay” – pienamente conformi al GDPR – acquistano sempre più valore in Europa, perché consentono ai lettori di scegliere liberamente se sostenere i contenuti editoriali attraverso il consenso alla pubblicità personalizzata oppure tramite un pagamento diretto.
La consultazione pubblica del Garante privacy
Il riferimento degli editori europei va alla recente consultazione pubblica avviata dal Garante per la protezione dei dati personali sul modello “pay or consent”.
L’iniziativa, chiusa il 6 luglio 2025, ha coinvolto aziende, esperti, associazioni e cittadini, con l’obiettivo di chiarire se – e a quali condizioni – la scelta tra pagamento e accettazione della profilazione pubblicitaria possa considerarsi realmente libera e conforme al GDPR.
Questa consultazione si inserisce in un dibattito europeo più ampio sulla liceità del consenso condizionato alla pubblicità comportamentale, già oggetto di attenzione da parte della Commissione UE nel contesto del Digital Markets Act (DMA).
Secondo il Garante, la questione non è scontata e richiede un’analisi approfondita del contesto. Per questo motivo, l’Autorità italiana ha preferito raccogliere osservazioni dal mercato e dalla società civile prima di assumere una posizione ufficiale, ponendosi come interlocutore attivo in un tema che tocca la libertà di scelta degli utenti, la sostenibilità dei servizi digitali e il futuro dell’informazione online.
I rischi di un divieto o di restrizioni
E gli editori europei esprimono preoccupazione per tale consultazione avviata dal Garante Privacy italiano che ipotizza limitazioni o l’obbligo di una “terza alternativa” priva sia di pagamento sia di pubblicità mirata.
Tale misura, spiegano, non solo sarebbe in contrasto con il diritto europeo e con la pronuncia della Corte di Giustizia, ma creerebbe distorsioni concorrenziali tra editori italiani e quelli degli altri Stati membri, dove il modello è legittimato.
Un eventuale divieto in Italia – avvertono le associazioni – comporterebbe effetti economici e sociali negativi quale minore pluralismo e qualità dell’informazione professionale, riduzione delle risorse per il giornalismo indipendente e maggiore incertezza giuridica per tutti i servizi online che utilizzano modelli analoghi.
“Offrire contenuti sotto il loro valore di mercato non è sostenibile. Chiedere agli utenti di pagare, sia con un abbonamento sia con il consenso, è una vendita legittima come qualsiasi altro servizio”, ribadisce Ilias Konteas, Direttore Esecutivo di EMMA ed ENPA.
La terza via non è la soluzione
Secondo EMMA ed ENPA, l’ipotesi di imporre una “terza alternativa” – ovvero l’obbligo per gli editori di offrire l’accesso ai contenuti senza pagamento né pubblicità personalizzata – non rappresenta una soluzione sostenibile.
Al contrario, rischierebbe di costringere molte testate a spostare i propri contenuti dietro un paywall totale, precludendo l’accesso all’informazione professionale a chi non può o non vuole pagare.
Con i modelli “consent or pay”, invece, i lettori mantengono la libertà di scelta, potendo accedere gratuitamente ai contenuti in cambio del consenso alla pubblicità mirata, oppure rifiutare e rivolgersi ad altri media.
Le associazioni sottolineano che l’effettiva libertà di scelta è garantita proprio dal pluralismo del mercato dei media, non da un’imposizione normativa che elimini di fatto ogni forma di monetizzazione indiretta.
Inoltre, la sola pubblicità contestuale non sarebbe sufficiente a sostenere i costi editoriali, come dimostrano le esperienze di diverse testate che, dopo aver tentato questo approccio, sono tornate alla pubblicità personalizzata per motivi economici.
Anche le testate basate sugli abbonamenti digitali verrebbero penalizzate, poiché utilizzano spesso sezioni accessibili tramite “consent or pay” per attrarre nuovi lettori e convertirli in abbonati, garantendo così la sostenibilità di un’informazione professionale e indipendente.
Il caso Meta non è un precedente generale
Gli editori chiariscono inoltre che la sanzione inflitta dalla Commissione europea a Meta per il suo modello “consent or pay” si fonda sul Digital Markets Act (DMA) e non sul GDPR.
Il DMA si applica solo ai gatekeeper digitali e non agli editori di stampa, che operano in un contesto completamente diverso: i contenuti giornalistici hanno infatti costi di produzione elevati e rientrano in modelli di vendita legittimi, analoghi a quelli offline (acquisto di quotidiani e riviste in edicola).
Conclusioni
Sebbene si sia chiuso il 6 luglio il termine per la consultazione pubblica avviata dal Garante privacy italiano, la controversia intorno ai modelli “consent or pay” sembra tutt’altro che risolta.
Anzi, la discussione si infiamma, con gli editori che rilanciano al livello europeo la loro forte preoccupazione per il futuro di un settore essenziale per la democrazia: un’informazione libera, indipendente e professionale, valori che vanno difesi con determinazione.
Sul tavolo restano il precedente Meta, sanzionata dalla Commissione UE per violazioni del Digital Markets Act, e la posizione dell’EDPB, che mette in dubbio la validità del consenso quando agli utenti è proposta solo una scelta binaria tra pagamento e pubblicità comportamentale, sollecitando l’introduzione di un’“alternativa equivalente” priva di pubblicità personalizzata.
Tuttavia, gli editori ribadiscono che imporre una “terza via” obbligatoria rischierebbe di compromettere la sostenibilità economica della stampa, minando così quel pluralismo informativo che dovrebbe essere tutelato sia dal GDPR che dalle istituzioni europee.
Resta da capire se la sostenibilità economica della stampa e la tutela della privacy possano davvero convivere in un equilibrio che l’Europa non ha ancora trovato.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link