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limiti, condizioni e prospettive tra diritto positivo, prassi e crisi d’impresa


Nell’ambito della gestione delle società di capitali, la prassi e la teoria distinguono con nettezza tra due tipologie fondamentali di procure: le procure speciali e le procure generali ad negotia. Tale distinzione non è meramente terminologica, ma riflette profonde differenze strutturali e funzionali, con rilevanti ricadute sul piano della legittimità, della responsabilità e della conformità al modello legale di amministrazione. 

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Le procure speciali sono conferite per il compimento di uno o più atti determinati, oppure per categorie di atti ben individuate e circoscritte. Esse rappresentano uno strumento di delega puntuale, volto a consentire al procuratore di agire in nome e per conto della società in relazione a specifiche operazioni, senza che ciò comporti una cessione generalizzata dei poteri gestori. 

La funzione delle procure speciali è eminentemente strumentale: esse rispondono all’esigenza di efficienza e flessibilità operativa, permettendo agli amministratori di affidare a soggetti dotati di particolari competenze tecniche o conoscenze settoriali il compimento di atti che, pur rientrando nella sfera gestoria, non richiedono necessariamente l’intervento diretto dell’organo amministrativo. Si pensi, ad esempio, alla stipula di un contratto di compravendita immobiliare, alla partecipazione a una gara pubblica, alla rappresentanza in giudizio per una specifica controversia. 

Sul piano normativo e giurisprudenziale, la legittimità delle procure speciali è pacificamente riconosciuta[2]. La Corte di Cassazione ha più volte affermato che il potere di rilasciare procure ad hoc per determinati affari rientra tra i poteri ordinari degli amministratori, anche in assenza di una specifica previsione statutaria o di un’autorizzazione assembleare. Tale orientamento trova fondamento nel principio di autonomia gestionale dell’organo amministrativo e nella necessità di assicurare la tempestività e l’efficacia dell’azione societaria. 

Di ben diversa natura sono, invece, le procure generali ad negotia, ossia quelle che attribuiscono al procuratore poteri ampi, indeterminati e potenzialmente illimitati di gestione, spesso senza una precisa delimitazione oggettiva o temporale. In tali ipotesi, il procuratore viene investito della facoltà di compiere, in nome e per conto della società, una pluralità indeterminata di atti di ordinaria e/o straordinaria amministrazione, talvolta anche senza la previsione di specifici limiti di valore o di materia. 

La ratio sottesa al ricorso a procure generali ad negotia risiede, almeno in astratto, nell’esigenza di decentramento gestionale e di valorizzazione delle competenze manageriali, soprattutto in contesti aziendali complessi o caratterizzati da una forte specializzazione tecnica. Tuttavia, la dottrina e la giurisprudenza hanno da tempo evidenziato i rischi insiti in tale strumento, in quanto esso può determinare un vero e proprio esautoramento dell’organo amministrativo, con conseguente alterazione dell’equilibrio organizzativo e funzionale delineato dal legislatore. 

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Anche il Comitato Triveneto dei Notai ha affermato con l’Orientamento H.C.2 che: “E’ illegittima la previsione della nomina di procuratori generali o direttori generali che assorbano interamente i poteri gestori dell’organo amministrativo, perché non si può ammettere la dissociazione permanente tra titolarità del potere gestorio e suo esercizio; sono ammesse procure speciali per determinati atti o categorie di atti”

La distinzione tra procura speciale e generale non si esaurisce in una differenza formale, ma si fonda su criteri sostanziali, quali: 

– l’oggetto della delega: la procura speciale ha ad oggetto uno o più atti determinati o categorie di atti ben circoscritte; la procura generale ad negotia, invece, si estende a una pluralità indeterminata di atti, spesso senza limiti oggettivi o soggettivi. 

– l’estensione dei poteri conferiti: la procura speciale attribuisce poteri limitati e puntuali; la procura generale ad negotia conferisce poteri ampi, che possono arrivare a coprire l’intera sfera gestoria della società. 

– la rilevanza delle operazioni delegate: la giurisprudenza valuta la legittimità della procura anche in relazione al numero e all’importanza delle operazioni delegate, nonché all’incidenza di queste sull’indirizzo strategico e sulla struttura organizzativa della società. 

Il discrimine fondamentale individuato dalla giurisprudenza risiede nella possibilità che la procura comporti una “abdicazione” delle funzioni gestorie da parte degli amministratori, ossia una rinuncia sostanziale al potere-dovere di indirizzo e di controllo sull’attività sociale. In altre parole, è illegittima ogni procura che, per ampiezza dell’oggetto, entità economica e assenza di precise prescrizioni preventive e di procedure di verifica, consenta al procuratore di assumere di fatto il potere di gestione dell’impresa, svuotando di contenuto la funzione gestoria dell’organo amministrativo[3]. 

Tale principio trova conferma in una consolidata linea giurisprudenziale, secondo cui la gestione dell’impresa sociale spetta inderogabilmente ed esclusivamente agli amministratori, e non può essere trasferita, neppure in parte, a soggetti terzi non investiti di un mandato fiduciario da parte dell’assemblea. La legittimità delle procure generali ad negotia è dunque subordinata al rispetto di rigorosi limiti oggettivi e soggettivi, che impediscano una sostanziale sostituzione dell’organo amministrativo e garantiscano la permanenza di un nucleo essenziale di poteri e di responsabilità in capo agli amministratori. 

La distinzione tra procure speciali e generali ad negotia si inserisce in un più ampio quadro sistematico, che vede nella centralità dell’organo amministrativo e nella responsabilità degli amministratori i cardini del modello societario delineato dal legislatore. Il ricorso a procure generali ad negotia, se non adeguatamente circoscritto e controllato, rischia di compromettere l’equilibrio tra efficienza gestionale e responsabilità, con possibili ricadute negative sia sul piano della governance interna sia su quello della tutela dei terzi e dei soci di minoranza. 

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Inoltre, la crescente attenzione del legislatore e della giurisprudenza agli assetti organizzativi e ai doveri di vigilanza e controllo impone agli amministratori di valutare con particolare attenzione l’opportunità e la legittimità del ricorso a strumenti di delega ampia, privilegiando soluzioni che assicurino la tracciabilità delle decisioni, la trasparenza dei processi e la responsabilità effettiva dei soggetti coinvolti. 

In definitiva, la distinzione tra procure speciali e procure generali ad negotia rappresenta un punto nevralgico nella disciplina della delega di funzioni gestorie nelle società di capitali. Mentre le prime costituiscono uno strumento fisiologico e legittimo di efficienza operativa, le seconde devono essere oggetto di un attento scrutinio sotto il profilo della compatibilità con il modello legale di amministrazione, della tutela dell’interesse sociale e della responsabilità degli amministratori. 



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