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Digital Networks Act, la “ricetta” di Connect Europe per rilanciare l’Europa


Una deregolamentazione ambiziosa, una semplificazione coraggiosa, un’armonizzazione profonda e un campo di gioco competitivo. Sono questi gli elementi essenziali  per riconquistare la leadership digitale a livello globale nel settore delle Tlc. È quanto evidenziato da Connect Europe nella risposta alla Call for Evidence lanciata dalla Commissione Europea sul Digital Networks Act (DNA), esortando le istituzioni europee a cogliere l’opportunità cruciale del nuovo pacchetto normativo.

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I rapporti di Draghi e Letta

L’associazione, che raccoglie i principali operatori europei della connettività, sottolinea la necessità che il Dna sia una proposta coraggiosa che attui rapidamente le raccomandazioni contenute nei report di alto livello di Mario Draghi ed Enrico Letta. “L’attuale quadro normativo, progettato decenni fa per reti obsolete e dinamiche di mercato superate, oggi rappresenta un freno per l’Europa – si sostiene nella risposta alla call of evidence – lo dimostrano chiaramente i dati più recenti della Commissione Europea, che indicano come l’obiettivo della fibra ottica totale sarà raggiunto solo nel 2051, mentre l’Europa è in ritardo rispetto a tutti gli altri attori globali nello sviluppo del 5G standalone. Questo danneggia non solo gli utenti, ma anche la competitività delle nostre economie”.

Ecco perché il nuovo pacchetto deve essere istituito come regolamento incentrato su competitività, semplificazione e armonizzazione, creando un contesto favorevole a massicci investimenti nelle infrastrutture digitali, incentivando l’innovazione, eliminando regolamenti obsoleti e troppo onerosi e garantendo parità di condizioni tra tutti gli attori del digitale. “Solo attraverso l’impegno verso questi principi fondamentali e consentendo agli operatori di telecomunicazioni di raggiungere una scala adeguata, l’Europa potrà realisticamente raggiungere i suoi obiettivi digitali ambiziosi, garantendo connettività avanzata e sicura, cruciale per la resilienza e la prosperità economica del continente”, spiega Connect Europe.

Le priorità chiave di Connect Europe

L’associazione delinea tre priorità chiave:

  1. Semplificazione radicale del quadro normativo per le telecomunicazioni, eliminando obblighi obsoleti, duplicati o sproporzionati – in particolare laddove la normativa orizzontale garantisce già la conformità – riducendo gli oneri di reportistica e abrogando misure obsolete (come la Direttiva ePrivacy).
  2. Passaggio da controlli ex-ante a ex-post per l’accesso wholesale, adottando il diritto della concorrenza e il Gigabit Infrastructure Act come quadro standard. In linea con il Libro Bianco della Commissione e le proposte sostenute da Mario Draghi, questo modello promuoverebbe l’investimento, abbandonando il regime basato sul Significant Market Power (SMP), lasciando le obbligazioni ex-ante solo come rete di sicurezza in caso di colli di bottiglia locali. Connect Europe si oppone con fermezza a un prodotto di accesso pan-europeo, ritenendolo sproporzionato, non sostenibile dal punto di vista commerciale e contrario agli obiettivi di semplificazione.
  3. Politiche sullo spettro che garantiscano certezza per gli investimenti a lungo termine, estendendo la durata delle licenze (idealmente fino a 40 anni o a tempo indeterminato) e prevedendo il rinnovo automatico. Migliorare trasparenza e coordinamento attraverso meccanismi di revisione tra pari, possibilità di ricorso e notifiche alla Commissione. Promuovere un uso flessibile e guidato dal mercato dello spettro, evitando l’imposizione di tempistiche uniformi per l’assegnazione.
  4. Correggere squilibri strutturali dell’ecosistema Internet, applicando il principio del “stesso servizio, stesse regole” e imponendo alle big tech di negoziare condizioni eque per i servizi di trasporto dati, con l’introduzione di un meccanismo vincolante di risoluzione delle controversie. Per proteggere investimenti e innovazione, la Commissione dovrebbe fornire orientamenti giuridici sull’Open Internet Regulation (OIR) tramite una nuova Raccomandazione, favorendo lo sviluppo di use case legati al network slicing 5G. Il DNA rappresenta anche l’occasione per aggiornare le regole sulla neutralità della rete, estendendone i principi ai grandi attori che influenzano la distribuzione dei contenuti – come CDN, sistemi operativi e piattaforme digitali – ed escludendo l’ambito B2B.
  5. Governance efficace del mercato unico, rafforzando l’armonizzazione a livello UE per garantire un’applicazione coerente delle norme in tutti gli Stati membri, riducendo la frammentazione derivante da pratiche divergenti e ostacoli transfrontalieri. La Commissione dovrebbe svolgere un ruolo guida nel monitoraggio, nel coordinamento e nell’orientamento delle autorità nazionali di regolamentazione (NRA), condivisione delle best practice e applicazione uniforme delle regole.
  6. Affrontare le sfide trasversali eliminando norme obsolete, garantendo parità di trattamento per servizi simili (come il satellite direct-to-device), e sostenendo gli obiettivi ambientali attraverso semplificazione ed efficienza, senza imporre ulteriori oneri di reportistica.

Supporto alle istituzioni europee

In questo scenario Connect Europe è pronta a supportare le istituzioni europee affinché il DNA possa guidare investimenti strategici in tecnologie di connettività critiche e promuovere la sostenibilità attraverso pratiche telecom a basso consumo e circolari.

Non possiamo continuare a fare le stesse cose aspettandoci risultati diversi – spiega Alessandro Gropelli, Direttore Generale di Connect Europe – Per questo accogliamo con favore il Digital Networks Act: una riforma profonda può riportare l’Ue sulla mappa tecnologica globale e offrire ai cittadini e alle imprese la connettività avanzata di cui hanno bisogno per competere.”

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Tre domande ad Alessandro Gropelli

Contattato da CorCom Alessandro Gropelli ha risposto a tre domande evidenziando il ruolo strategico del DNA.

l Digital Networks Act è visto da molti come un passo fondamentale per rafforzare l’infrastruttura digitale europea, ma alcuni critici temono che possa creare una burocrazia eccessiva, rallentando la realizzazione di reti ad alte prestazioni. Come rispondete a queste preoccupazioni e qual è il giusto equilibrio tra regolamentazione e velocità di implementazione delle infrastrutture digitali?

Il Digital Networks Act nasce dall’esigenza di riformare l’attuale quadro regolamentare, che ha portato a una situazione in cui l’investimento pro capite nelle telecomunicazioni in Europa – pari a 117,9 euro nel 2023 – è quasi la metà rispetto agli Stati Uniti (226,4 euro). Il risultato è che ad oggi la Commissione si aspetta un raggiungimento del target sulla fibra solo nel 2051 e che oggi l’UE è fanalino di coda nel mondo su 5G standalone. Questo è un problema di competitività per tutti i settori industriali, non solo per i consumatori. Questo è uno dei motivi per i quali sia il rapporto di Enrico Letta che quello di Mario Draghi hanno insistito sulla necessità di una profonda riforma, che semplifichi profondamente le norme, e consenta una maggiore scala. Noi concordiamo con loro.

Alcuni sostenitori del Digital Networks Act ritengono che la sua applicazione stimolerà l’innovazione nel settore delle telecomunicazioni, ma altri avvertono che le nuove normative potrebbero sovraccaricare gli operatori di telecomunicazioni, soprattutto quelli più piccoli, con obblighi di trasparenza e accessibilità troppo stringenti. Il DNA favorirà davvero una concorrenza equa tra grandi e piccoli operatori, o rischia di penalizzare le realtà meno strutturate?

Uno degli obiettivi del DNA è di semplificare la vita sia agli utenti che agli operatori, grandi o piccoli, tramite una riduzione sino al 50% degli obblighi di reporting, ad esempio. Questa sarà un’ottima notizia per tutti, grandi, piccoli o alternativi. Per il resto, la deregolamentazione sui temi come l’accesso è per noi essenziale per imporre un cambio di passo agli investimenti. Il nostro è un settore che deve poter tornare a crescere: il focus si deve spostare dall’iper-regolamentazione ad investimenti e accordi commerciali.

Il Digital Networks Act punta a promuovere la resilienza e la sicurezza delle reti digitali in Europa, ma c’è chi teme che alcune delle sue disposizioni possano limitare l’autonomia decisionale delle imprese, imponendo standard tecnici troppo rigidi. Qual è la vision di Connect Europe sulla compatibilità di queste normative con le esigenze di flessibilità e agilità che le aziende tech devono mantenere per essere competitive a livello globale?

Il Digital Networks Act, insieme all’omnibus sulla semplificazione digitale, saranno un’opportunità per armonizzare le regole sulla cybersicurezza. L’UE ha già introdotto diversi strumenti in materia di sicurezza (NIS2, Dora, Cra), ma è tempo di razionalizzare e armonizzare. DNA ed omnibus possono offrire un quadro coerente, evitando sovrapposizioni e promuovendo un ambiente dove sicurezza e competitività vadano di pari passo. Cio’ detto, da questioni come cyberattacchi agli high risk vendors, uno dei problemi principali dell’industria tlc, oggi, è la scarsa capacità di investimento rispetto ai propri colleghi non-UE. Quindi, migliorare il clima per gli investimenti contribuirà’ anche a migliorare l’investimento in sicurezza.



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