Un duro colpo per l’economia europea, per l’agroalimentare in particolare. Donald Trump, presidente degli Stati Uniti, ha annunciato che dal primo agosto i dazi saranno al 30% sui prodotti europei.
Se confermate, le nuove tariffe non sono una buona notizia. “Si sta prospettando lo scenario peggiore che avevamo preventivato“, riassume a myfruit.it Pietro Mauro, direttore di Fruitimprese, che già aveva analizzato la questione dazi qualche giorno fa, quando ancora valevano tutte le ipotesi.
Il provvedimento di Trump, a sua detta, serve per correggere lo squilibrio commerciale a svantaggio degli Usa. Ma, di fatto, ha un peso enorme sulle esportazioni, si parla di centinaia di miliardi se si considera che nel 2024 l’Unione europea ha scambiato beni e servizi con gli Stati Uniti per 1.680 miliardi di euro.
Sul nuovo provvedimento Trump appare convinto: “Gli Stati Uniti d’America sono stati derubati sul commercio da amici e nemici, allo stesso modo, per decenni – ha scritto su Truth – Si è arrivati a un costo di migliaia di miliardi di dollari che non è più sostenibile. I paesi dovrebbero rilassarsi e dire grazie per il lungo viaggio gratuito”.
Secondo i primi bilanci, a soffrire sarebbe in particolare l’agroalimentare europeo. Per il made in Italy i rincari arriverebbero al 45% per i formaggi, al 35% per i vini e al 42% per conserve, marmellate e pomodoro trasformato.
Coldiretti: “Assist alla fiorente industria del tarocco”
Secondo un’analisi di Coldiretti, basata sui risultati sperimentati in occasione delle tariffe aggiuntive imposte dal tycoon nel suo primo mandato, il provvedimenti di Trump sui prodotti europei potrebbero costare alle famiglie statunitensi e all’agroalimentare italiano oltre 2,3 miliardi. La diminuzione dei consumi porterebbe inevitabilmente a prodotto invenduto per le imprese tricolore, costrette a dover cercare nuovi mercati. Il tutto senza dimenticare il pericolo falsi, con gli Stati Uniti primo produttore mondiale di falso cibo made in Italy. L’eventuale scomparsa di molti prodotti italiani dagli scaffali rappresenterebbe un assist per la già fiorente industria del tarocco, stimata in un valore di 40 miliardi.
“Imporre dazi al 30% sui prodotti agroalimentari europei sarebbe un colpo durissimo all’economia reale, alle imprese agricole che lavorano ogni giorno per portare qualità e identità nel mondo, ma anche ai consumatori americani, che verrebbero privati di prodotti autentici o costretti a pagarli molto di più oltre ad alimentare il fenomeno dell’italian sounding – afferma il presidente di Coldiretti Ettore Prandini – Purtroppo non possiamo che constatare il totale fallimento della politica esercitata dalla Von der Leyen. La Presidente deve spendersi per una soluzione vera, come non ha ancora fatto. In un momento delicatissimo per gli equilibri geopolitici ed economici globali, colpisce la totale assenza di coraggio e di visione strategica da parte dell’Europa. Mentre il mondo si riarma, le filiere si ricompongono e le grandi potenze investono nel rafforzamento della propria sovranità alimentare ed energetica, Bruxelles pensa a tagliare risorse proprio ai settori produttivi più strategici come l’agricoltura e dell’economia reale”.
Cia: “Dazi al 30% irricevibili, Ue non arresti negoziato”
“I dazi al 30% sono una proposta irricevibile. L’Europa sia unita e non arrresti il negoziato. Bisogna scongiurare una guerra commerciale con gli Stati Uniti, che sarebbe catastrofica per tutto il settore agroalimentare – spiega il presidente di Cia-Agricoltori Italiani, Cristiano Fini – Serve un’azione diplomatica forte per trovare una soluzione e non compromettere i traguardi raggiunti finora. L’export agroalimentare negli Usa è cresciuto del 158% in dieci anni e oggi gli Stati Uniti rappresentano il secondo mercato di riferimento mondiale per cibo e vino Made in Italy, con 7,8 miliardi di euro messi a segno nel 2024”.
“L’Italia può e deve essere capofila in Europa nell’apertura di un negoziato con Trump, visto che abbiamo anche più da perdere – aggiunge – Gli Usa, infatti, valgono quasi il 12% di tutto il nostro export agroalimentare globale, mettendoci in testa alla classifica dei Paesi Ue, molto prima di Germania (2,5%), Spagna (4,7%) e Francia (6,7%)”.
Confagricoltura: “Si giochi ad armi pari”
“Nessuno si aspettava i dazi americani al 30 per cento – dichiara Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura – Donald Trump ci ha applicato dazi corrispondenti a quelli del Messico e del Sudafrica, e francamente noi europei, che siamo una grande potenza economica, politica e un grande alleato degli Usa, ci aspettavamo un trattamento diverso”.
“Mi auguro un ripensamento americano – precisa – i dazi a questi livelli creerebbero un caos globale, non solo nei rapporti tra Ue e Usa. L’obiettivo americano non è tanto imporre maggiori dazi, ma riuscire ad aprire il mercato europeo e rafforzare l’economia americana. È altrettanto evidente che il nostro interesse è proteggere il nostro mercato che sì, è fatto di standard molto elevati. Questi sono una difficoltà per le imprese americane, ma se non si ragiona in termini di reciprocità, anche con il Mercosur, non ci sarà mai la disponibilità al confronto degli agricoltori. Dobbiamo giocare ad armi pari”.
“Sarebbe molto difficile sostituire gli Stati Uniti. È vero che l’Unione europea sta trattando dei nuovi accordi commerciali con Indonesia, Thailandia e India, che sono mercati molto promettenti, ma non particolarmente attraenti per l’agroalimentare – ammette Giansanti – O la Ue dimostra di essere veramente solidale con una politica economica in grado di sostenere il suo sistema produttivo, oppure resteremo solo un grande condominio”.
Confcooperative: “Pensare a misure compensative sulle esportazioni”
“Occorrerà una posizione ferma e unita da parte della Ue nella trattativa con l’amministrazione americana con l’auspicio che si arrivi a un accordo tra le parti che scongiuri l’imposizione dei dazi al 30%. Comunque si chiuderà la vicenda, tuttavia, è fondamentale pensare da subito a misure compensative sulle esportazioni, affinché le imprese siano messe nella condizione di operare con la migliore competitività possibile – argomenta Raffaele Drei, presidente di Fedagripesca Confcooperative – “Quella che inizia lunedì è una settimana decisiva per il futuro delle nostre imprese e di tutto il comparto agricolo, la Commissione si appresta infatti a presentare il prossimo il 16 luglio la prima proposta di bilancio comunitario, delineando il piano finanziario che riguarderà la futura Pac”.
“E’ quanto mai urgente, alla luce del quadro internazionale che si sta delineando – continua – prestare la massima attenzione all’ammontare delle risorse e al reale sostegno che si intende dare alle imprese del settore. “L’Europa è chiamata ora più che mai a sostenere le proprie filiere agricole: non farlo sarebbe un errore macroscopico”.
Copagri: “Italia rischia contraccolpo durissimo”
“Il pericolosissimo balletto dei dazi messo in scena dall’amministrazione statunitense non fa altro che influenzare negativamente i mercati, incidendo concretamente sulla serenità e sulla capacità di programmazione delle imprese e rischiando di assestare un colpo durissimo all’agroalimentare italiano – sottolinea il presidente della Copagri Tommaso Battista – Bisogna sempre tener presente che le tariffe aggiuntive del 30% recentemente annunciate, e in vigore dall’inizio del mese di agosto, si andrebbero a sommare a quelle già esistenti, sulle quali peserebbero, inoltre, la svalutazione del dollaro e l’aumento delle tasse doganali Usa, per un totale decisamente più pesante del mero dazio. A destare ulteriore preoccupazione c’è poi la minaccia di ulteriori ritorsioni economiche messa nero su bianco proprio dall’amministrazione statunitense”.
“In ogni caso – evidenzia – parliamo di misure che andrebbero a colpire numerosi prodotti simbolo della dieta mediterranea che nel 2024 hanno fatto registrare una crescita a doppia cifra negli Usa, con un aumento complessivo del 17% circa. Per tutte queste ragioni, e per moltissime altre, oltre a continuare a lavorare sul versante diplomatico per arrivare a una risposta forte e compatta a livello di Unione europea, a partire dall’odierno vertice straordinario dei ministri del Commercio dell’Ue, è bene accelerare il ragionamento in atto sull’apertura di nuovi mercati, con particolare riferimento ai paesi del Mercosur e a quelli del Sud-Est asiatico, tenendo sempre in debita considerazione l’importanza della reciprocità. Nelle trade wars non ci sono né vincitori né vinti, poiché si perde tutti”.
Federlogistica: “Cabina di regia, l’Ue non si lecchi le ferite”
“Nessuno può leggere nella sfera di cristallo e prevedere quanto e cosa accadrà in materia di dazi. Ma una cosa è certa: dopo l’ennesimo annuncio del Presidente Trump su possibili dazi al 30% verso l’Europa – poi magari ritirati, come spesso accaduto in passato – non possiamo più permetterci di subire passivamente il gioco della speculazione internazionale. Annunci e smentite mandano in tilt i mercati e arricchiscono pochi, mentre le economie reali, come quella italiana, rischiano di perdere miliardi”.
Così il Presidente di Federlogistica, Davide Falteri, che prosegue: “Una simile misura avrebbe effetti gravissimi su tutta la catena logistica e produttiva europea, colpendo in particolare l’Italia, con una possibile perdita di 15 miliardi di export, dieci miliardi di Pil e 178mila posti di lavoro in fumo, soprattutto nel Mezzogiorno. Agroalimentare, meccanica, farmaceutica: sono i nostri settori d’eccellenza a pagare il prezzo più alto”.
“Di fronte a questo scenario – continua Falteri – serve con urgenza una cabina di regia interassociativa sulla logistica, che coinvolga le principali rappresentanze dell’autotrasporto, della logistica integrata, dello shipping, della blue economy, del commercio, dell’industria e gli enti pubblici preposti come dogane, ministeri, enti di controllo. Dobbiamo affrontare in modo strutturato e strategico gli effetti delle tensioni commerciali globali e impedire che le imprese italiane diventino vittime di uno scacchiere geopolitico guidato da interessi speculativi”.
“La cabina avrà due compiti fondamentali: da un lato monitorare gli effetti dell’aumento dei dazi su porti, noli, prezzi ed export, per attivare contromisure a difesa della filiera logistica nazionale; dall’altro, trasformare l’eliminazione dei costi extra – conclude– in un obiettivo prioritario. Non possiamo più permettere che siano le nostre inefficienze a fare da zavorra mentre il mondo corre”.L’Italia deve smettere di inseguire le crisi. Serve consapevolezza, visione e un’azione unitaria. Perché il prossimo crollo, questa volta, potrebbe essere reale”.
Emilia-Romagna: “Siamo la regione italiana che rischia di più”
“I dazi sono a tutti gli effetti tasse che si pagano allo Stato americano – specifica l’assessore all’Agricoltura dell’Emilia Romagna Alessio Mammi – Se questo provvedimento verrà confermato, l’Emilia-Romagna sarà una delle regioni che ne pagherà il prezzo più alto, il nostro export è tra i più apprezzati nel mondo e siamo la regione che esporta di più negli Stati Uniti. Servono contromisure solide e rapide: chiediamo all’Unione europea e al Governo una strategia unitaria, forte e ragionata per difendere la presenza sul mercato statunitense delle nostre produzioni, azioni che al momento mancano”.
“I dazi – ribadisce – aumentano il costo dei prodotti, generano sfiducia e incertezza nei mercati, comprimono le economie, fanno salire l’inflazione ed erodono il potere d’acquisto, sia dei cittadini europei sia degli americani. Non c’è solo un impatto immediato sui prezzi, ma può generarsi un rischio di rallentamento delle economie, perdita di valore delle borse, e conseguenze negative nel medio e lungo periodo: questi soldi finiscono nelle casse dello Stato americano, ma non vanno né alle imprese né ai lavoratori. Inoltre, nella lettera inviata dagli Stati Uniti si sceglie di ingnorare l’enorme valore dei servizi, dei fondi di investimento e della finanza americana che già beneficia enormemente del mercato europeo”.
“Accanto alla reazione diplomatica e commerciale – conclude – serve subito anche un piano concreto di sostegno alle imprese e alle filiere più colpite, per aiutarle a essere più competitive e assorbire il contraccolpo dei dazi. A partire dalla riduzione degli oneri fiscali e sul lavoro, da misure per migliorare la logistica e l’energia, garantendo vantaggi soprattutto per le aziende energivore, e dal sostegno per promuovere il Made in Italy negli Stati Uniti, un mercato fondamentale che non possiamo permetterci di perdere, anche grazie alla forte domanda e alla presenza di 20 milioni di cittadini che vantano origini italiane. E, mentre difendiamo la nostra presenza negli Usa, dobbiamo anche guardare avanti: investire su nuovi mercati, come Sudamerica e Asia, per aprire nuovi sbocchi commerciali, senza rinunciare a quello americano, oggetto al momento di una fase molto perturbata”.
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