Per Cristian Camisa, presidente nazionale di Confapi, il caro energia e la carenza di lavoro specializzato rischiano di penalizzare le nostre aziende
Tecnologie green, carenza di lavoro specializzato, il costo dell’energia che avanza. La piccola e media industria italiana, in un momento di grande incertezza sul piano internazionale, ha bisogno di soluzioni nuove per favorire la competitività, rafforzare la crescita e dare maggiore spinta alla produttività. Ne parliamo con Cristian Camisa, presidente nazionale di Confapi.
Dottor Camisa, le imprese italiane si trovano davanti a tre sfide cruciali per rimanere competitive a livello internazionale: fisco, lavoro e innovazione. Quali sono le prospettive?
Le piccole e medie imprese devono avere un ruolo più attivo nelle scelte del Governo. I dati ci dimostrano che il nostro settore è stato fondamentale per il sistema Paese, contribuendo negli ultimi anni a tassi di crescita tra i più alti in Europa. È il nostro sistema che ha permesso, grazie alla flessibilità tipica delle Pmi, di reinventarsi.
Quando sento parlare di aggregazione come una soluzione imprescindibile, non sono mai d’accordo. Partiamo da una considerazione di fondo: oggi la maggior parte delle grandi aziende non produce più ma si limita ad assemblare.
Chi produce davvero, nel sistema industriale, è la filiera delle piccole e medie imprese. Per questo credo che associazioni come Confapi debbano essere ascoltate dal governo. La soluzione a medio termine è che le Pmi mantengano la loro indipendenza, ma lavorino in filiera per essere competitive a livello europeo e mondiale.
È necessario un approccio industriale a lungo termine, con politiche chiare e stabili, evitando decisioni a breve termine. Inoltre, la semplificazione della transizione 5.0 è cruciale per le nostre imprese. È vero che oggi la struttura di regole è complessa e che non è facile accedere ai fondi, ma se non cogliamo queste risorse per innovare, rischiamo di restare fuori dal mercato anche per quanto riguarda la transizione ambientale.
Il costo combinato di energia e lavoro rischia di danneggiare le aziende italiane. Come si potrebbe contrastare il problema?
Il lavoro sta diventando un problema endemico per le nostre aziende nonostante vi siano alcuni dati positivi come il tasso di occupazione salito al 62,8%, il più alto degli ultimi decenni.
Tuttavia, questo dato è ancora significativamente sotto la media europea e molte società faticano a trovare personale qualificato. Anche se la crisi negli ultimi mesi ha reso meno urgente l’argomento, resta presente il bisogno di nuove risorse e di un cambio culturale.
Per cercare di colmare la carenza di manodopera, stiamo incentivando le piccole e medie imprese ad abbracciare l’innovazione, in particolare tramite l’intelligenza artificiale. Inoltre, siamo attivamente coinvolti nella cabina di regia del piano Mattei, che mira a sviluppare tecnici specializzati attraverso sessioni di formazione nei vari Paesi, rispondendo così al contempo alle esigenze del nostro sistema produttivo e ad una visione nuova della migrazione.
Investire nella digitalizzazione e nella transizione 5.0 infine è cruciale anche per aumentare la sostenibilità economica e ambientale perché macchinari più avanzati ridurrebbero il gap con le aziende più grandi.
Il costo energetico infine è un altro ostacolo da superare. L’Italia paga l’energia tra il 50% e il 70% in più rispetto ad altri paesi europei, con un dislivello competitivo che va affrontato.
È fondamentale adottare una politica energetica a lungo termine che includa il nucleare nel mix con le energie rinnovabili per poter competere ad armi pari con i competitor europei ed internazionali. Quando riusciremo a farlo, la flessibilità e la capacità dei nostri imprenditori contribuiranno a rendere l’Italia sempre più forte.
Anche la filiera dell’automotive continua ad essere in affanno, esistono soluzioni per risollevarla?
Riteniamo che l’Europa debba stabilire delle soglie e non imporre tecnologie, lasciando di conseguenza al mercato la scelta delle più adatte.
Oggi, la situazione dell’indotto è drammatica: in Piemonte, in particolare, le aziende, non lavorando direttamente con Stellantis ma con società di secondo indotto, sono rimaste senza lavoro una volta che le imprese principali hanno deciso di internalizzare la produzione. Ciò significa che realtà floride si trovano adesso costrette a ricorrere alla cassa integrazione o a liquidazioni.
Non dobbiamo dimenticare che gran parte della componentistica delle case automobilistiche europee proviene da aziende italiane. Questo sta creando una potenziale distruzione di un sistema industriale che è stato un fiore all’occhiello del nostro paese.
Sebbene l’elettrico sia rilevante, dunque, noi siamo favorevoli alla neutralità tecnologica. Nonostante, infatti, alcuni correttivi potrebbero, almeno in parte, lenire questa situazione, è chiaro che questi sono progetti a lungo termine e le decisioni prese in passato stanno manifestando la loro gravità.
A dicembre 2022, abbiamo sollevato il tema delle terre rare e ribadiamo la necessità di riserve strategiche per evitare il monopolio di pochi paesi e garantire competitività a lungo termine.
Qual è lo stato dell’educazione finanziaria nel nostro Paese?
La cultura imprenditoriale e finanziaria in Italia negli ultimi anni è cambiata, passando da una generazione con competenze produttive a una con maggiore preparazione finanziaria. Le associazioni, in particolare, svolgono un ruolo fondamentale nel promuovere la cultura d’impresa.
Oggi, infatti, anche le Pmi devono affrontare temi tipici delle grandi aziende, come la contabilità industriale e l’analisi di bilancio.
Un’educazione finanziaria obbligatoria, simile a quella sulla salute e sulla sicurezza, sarebbe utile. Su questo fronte le associazioni possono contribuire a formare imprenditori con competenze complete, se il Governo si impegna a migliorare la cultura d’impresa senza appesantire il sistema burocratico.
Cristian Camisa
Dal 2022 è presidente nazionale di Confapi. Presidente e Ceo dell’azienda piacentina di famiglia specializzata nel settore dell’acciaio, è anche membro del CdA di Ispi e dell’Advisory Board Centro-Nord Italia di Unicredit.
L’articolo originale è stato pubblicato sul numero di Fortune Italia dell’aprile 2025 (numero 3, anno 8)
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