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Proposte di semplificazione e rinvii delle direttive CSRD e Due Diligence


Lo scritto contiene una prima analisi della decisione “Stop the clock” del Parlamento europeo riguardante il rinvio dei tempi di applicazione di alcuni obblighi per le imprese in materia di rendicontazione di sostenibilità e di due diligence stabiliti dalle direttive europee CSRD e CSDDD..

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Era prevedibile che le recenti direttive europee, in particolare la Corporate sustainibility reporting directive( CSRD 2022/2024)e la cd due diligence(2024/1750)avrebbero rincontrato resistenze e difficoltà in fase applicativa .

Già l’ iter di approvazione era stato particolarmente travagliato e ritardato per le riserve avanzate non solo dagli imprenditori europei ,ma anche da alcuni Stati membri ,che denunciavano gli appesantimenti alle attività produttive conseguenti dall’ eccesso di adempimenti previsti dalle proposte di direttive , dalla due diligence più ancora che dalla CSRD.

D’ altra parte la necessità di semplificare le normative europee ,in genere e in particolar modo quelle riguardante le attività delle imprese , è stata sottolineata autorevolmente dal rapporto Draghi ,che ha ispirato in molti tratti il programma della nuova presidenza von der Leyen.

Il rapporto si è fatto interprete di queste obiezioni delle imprese, soprattutto di quelle piccole , particolarmente in difficoltà non solo nel reggere i costi di questa normativa ,ma anche nel districarsi fra le complessità delle normative spesso difficili da interpretare anche per gli esperti.

Fin dal Competitiveness Compass del 29 gennaio 2025 la nuova Commissione ha esplicitato la intenzione di provvedere , secondo le indicazioni del rapporto Draghi ,con un piano “senza precedenti “di semplificazioni ,che permettesse di perseguire” gli obiettivi di policy concordati nel programma nel modo più semplice, più mirato e meno oneroso “. Il piano doveva contribuire a creare un ambiente più favorevole alle imprese e a “rendere l’ economia europea più prospera e competitiva “.

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Le prime proposte legislative ” omnibus ” sulle semplificazioni, inserite nel programma di azione della Commissione fino al 2026 ,e pubblicate il 26 febbraio 2025 , specificano l’ obiettivo del taglio del 25% dei costi( 35% per le PMI) assegnato alle semplificazioni e forniscono un prima serie di indicazioni di merito .

Tali iniziative hanno ricevuto l’ approvazione del Consiglio europeo straordinario del 20.2.2025 e sono state commentate favorevolmente da Mario Draghi nella sua audizione al parlamento italiano del 18 marzo 2025 .

Reazioni critiche sono però venute subito non solo dai sindacati europei, ma anche dai primi commentatori(vedi i rilievi espressi nel webinar organizzato il 1 aprile 2025 dalla Labour law community ,in collaborazione con il movimento europeo Italia su ” La proposta omnibus della Commissione: una via corretta per la semplificazione europea?)e da alcuni partiti di diversi paesi più sensibili ai temi della sostenibilità ; tutti preoccupati che le proposte di semplificazione avanzate della Commissione portassero a un regresso nelle normative di tutela sociale e dell’ ambiente contenute nelle direttive in questione.

Tali reazioni hanno portato alla conseguenza che la proposta di applicare la procedura di urgenza per l’esame dei testi della Commissione ha registrato una inedita spaccatura nel Parlamento europeo, per rimediare la quale lo stesso Parlamento ha modificato l’iter decisionale della intera questione .

Ha infatti subito approvato ,sempre con procedura di urgenza ,il 4 aprile 2025,una nuova delibera , cd “stop the clock “,che prevede il rinvio delle tempistiche di applicazione di alcuni obblighi chiave delle direttive di rendicontazione e di due diligence

La delicatezza degli argomenti in gioco si è dunque riflessa all’interno del parlamento ,provocando un cambio di rotta alquanto significativo , anche se lascia aperte le questioni di merito e le divergenze emerse nel dibattito.

È positivo , e non era scontato , che si sia deciso di concentrarsi su interventi di rinvio della applicazione di alcuni degli obblighi più impegnativi per le aziende e di farlo in modo graduato per i diversi tipi di imprese e a seconda della loro situazione .

La decisione “stop the clock “prevede varie misure ,in particolare : rinvii di due anni della applicazione degli obblighi previsti dalla direttiva CSRD per le grandi imprese che non hanno ancor a iniziato la rendicontazione e per le PMI quotate ; posticipo di un anno del termine di recepimento e della prima fase di applicazione della direttiva Due diligence per le aziende di maggiori dimensioni .

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Il rinvio è giustificato con la esigenza di concedere più tempo per adeguare gli assetti organizzativi e i sistemi di raccolta dei dati in linea con gli standard europei .

La decisione appare realistica ,tenendo conto che non tutte le imprese ,anche medio grandi , hanno esperienza e capacità di raccolta sistematica di questi dati, soprattutto se estesa all’intera catena di fornitori ; e inoltre del fatto che questi standard europei sono ancora in fase di consolidamento .

Ho già rilevato che adempiere gli obblighi di informazione previsti dalla direttiva CSRD ,anche se alleggeriti ,è in grado di fornire una conoscenza senza precedenti delle condizioni di lavoro nelle imprese europee : senza precedenti perché non tutte queste informazioni, specie quelle qualitative ,sono disponibili nelle fonti esistenti ( cfr.T.Treu, L’impresa sostenibile,implicazioni per il diritto del lavoro ,in Le trasformazioni del lavoro: discontinuità e interdipendenze, Giappichelli ,2024 ,p. 222)

Il pacchetto di modifiche della direttiva CSRD non si limita al rinvio ,ma contiene anche alcune semplificazioni strutturali: cancellazione degli standard settoriali per evitare un aggravio eccessivo degli oneri di reporting; mantenimento della limited assurance per le verifiche ,eliminando l’obbligo di passare a una revisione più approfondita; per le PMI quotate previsto un standard volontario semplificato su modello EFRAG ; avviata una revisione degli ESRS ( European sustainability reporting standards )per semplificarli ,per ridurre il numero degli indicatori obbligatori, dare priorità agli standard quantitativi e migliorare la valutazione della materialità; le grandi imprese non potranno chiedere alle PMI della catena del lavoro informazioni ulteriori rispetto a quelle previste dallo standard volontario.

La decisione “stop the clock “contiene rinvii e revisioni anche per la direttiva Due diligence , con le medesime motivazioni.

I rinvii sono scadenzati in diverse fasi a seconda delle dimensioni e posizioni delle imprese.

La prima fase di applicazione inizierà il 26 luglio 2028,( prima era al 2027)per le imprese con almeno 5000 dipendenti e fatturato superiore a 1,5 miliardi di euro.

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Dal 26 luglio2029 saranno obbligate le imprese con almeno 3000 dipendenti e fatturato annuo 900 milioni di euro.

Alla terza fascia di imprese ,aziende con almeno 1000 dipendenti 450 milioni di fatturato, società extra UE con attività significative nel mercato europeo, la normativa si applicherà dal 26 luglio 2029 ,con obbligo di rendicontazione dal 1 gennaio 2030 .

Inoltre la rendicontazione specifica per gli impatti lungo la catena del valore sarà richiesta dal 1 gennaio 2029 per le prime categorie di imprese .

Una modifica di merito introdotta dalla decisione prevede la riduzione della frequenza dell’ obbligo di monitoraggio delle misure di due diligence ,da un anno a un quinquennio; anche qui si tratta di una misura intesa a ridurre il peso per le imprese ,particolarmente per le PMI ,che pur non direttamente obbligate ,sono coinvolte nelle catene di fornitura delle grandi aziende

È significativo che Il complesso di queste modifiche sia stato approvato a larghissima maggioranza dal Parlamento europeo, riparando così il vulnus causato dalla precedente spaccatura .

Evidentemente l’ assemblea ha apprezzato i cambiamenti proposti dalla Commissione ritenendo che venissero incontro a preoccupazioni fondate del modo delle imprese ,e che d’ altra parte non mettessero in pericolo ne facessero regredire le garanzie previste per i diritti dei lavoratori e per l’ ambiente . Anche ,se a dire il vero ,i rinvii ,pur scadenzati nel tempo ,sono alquanto prolungati ,coprendo la intera legislatura.

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Rimangono inoltre i problemi e le criticità riguardanti le scelte di merito emerse dalla prima proposta della commissione in ordine alle modalità e contenuti delle semplificazioni.

La questione di fondo che si pone in tutte le semplificazioni ,riguarda la scelta di quali siano gli adempimenti che possono essere ridotti o eliminati senza pregiudicare il rispetto dei diritti sanciti dalle normative sostanziali , nello specifico i diritti sociali fondamentali e la salvaguardia dell’ambiente.

Questo è il compito che deve affrontare e cui si deve preparare la Commissione nei prossimi mesi , non solo interloquendo con gli Stati membri e con le altre istituzioni della Unione , ma altresì coinvolgendo nella ricerca tutti gli stakeholder interessati della società civile , a cominciare dai rappresentanti dei lavoratori .

Le critiche dei sindacati europei alla prima proposta della Commissione hanno denunciato che il pacchetto omnibus è stato preparato ” in maniera opaca e non democratica”, contrastando così la intenzione manifestata nel programma della presidenza von der Leyen e tradotta in pratica nel marzo 2025 di stipulare con le parti sociali un nuovo patto per il dialogo sociale europeo.

In ogni caso la notevole dilazione dei tempi concessa per la applicazione delle varie normative può essere utile ,in quanto può permettere di sperimentare il loro funzionamento e su questa base fornire utili indicazioni per le decisioni .

Una simile sperimentazione partecipata può favorire una valutazione fondata sulla esperienza e sui dati , e non a priori, di quali siano i costi e la effettiva utilità dei vari adempimenti ,per trarre conclusioni documentate circa il bilanciamento possibile fra i vari interessi in gioco .

La stessa sperimentazione potrà evidenziare anche il diverso peso dei vari adempimenti , distinguere fra quelli direttamente rilevanti per le tutele dei diritti ,come ad es. le procedure di valutazione del rischio per i diritti e le misure di mitigazione degli stessi rischi , e gli obblighi solo formali o di dettaglio.

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Distinzioni di questo genere si possono fare in particolare per gli standard ESRS sopra ricordati , che indicano in grande dettaglio( anche a me è sembrato eccessivo ) i contenuti delle informazioni richieste alle aziende in relazione sia alla forza lavoro propria sia ai dipendenti della catena di fornitura .

Questa è un’area di semplificazione , oltretutto attivabile con intervento delegato della commissione ,che si presta alla riduzione di un gran numero di obblighi specifici di reporting , con la conseguente riduzione dei costi degli adempimenti per le imprese , senza che questa riduzione pregiudichi la garanzia dei diritti.

In ogni caso ,se le scelte di semplificazione devono tener conto del criterio sopra indicato cioè della loro natura formale, o sostanziale e del loro impatto sui diritti , tali scelte dovranno essere motivate e verificate nel merito ,sulla base di valutazioni puntuali e possibilmente condivise .

Per questo motivo le indicazioni dei documenti europei che stabiliscono percentuali di riduzioni ( 25-35%)degli adempimenti ,non dovrebbero essere intese come tassative .



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