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l’export bergamasco sotto scacco, ma Bergamo non si arrende


Un aumento tariffario del 5% potrebbero ridurre le esportazioni verso gli Usa delle aziende bergamasche del 10-15% nei prossimi due anni, con una perdita di valore compresa tra 500 milioni e 1 miliardo di euro annui, a seconda del settore. A livello nazionale, dazi del 10% potrebbero ridurre il PIL italiano dello 0,5-1% nei prossimi tre anni, con un impatto proporzionalmente maggiore su regioni esportatrici come la Lombardia.

 

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Si chiude una settimana corta (venerdì Santo il mercato era chiuso) e che ha visto la BCE ridurre i tassi di 0.25 bps per la settima volta. Il tasso sui depositi di riferimento, scende da 2,50% a 2,25%. Il tasso sulle operazioni di rifinanziamento principali cala da 2,65% a 2,40%, quello sui prestiti marginali da 2,90% a 2,65%. Nel corso della conferenza stampa, la Lagarde ha detto che il consiglio direttivo è cauto sullo scenario economico condizionato dai dazi. L’economia dell’area dell’euro ha acquisito una certa capacità di tenuta agli shock mondiali ma le prospettive di espansione si sono deteriorate a causa delle crescenti tensioni commerciali. È probabile che la maggiore incertezza riduca la fiducia di famiglie e imprese e che la risposta avversa e volatile dei mercati alle tensioni commerciali determini un inasprimento delle condizioni di finanziamento. Tali fattori possono gravare ulteriormente sulle prospettive economiche per l’area dell’euro.

Settimana in cui i dati anticipatori di ciclo degli Stati Uniti hanno continuato a mostrare un’economia in fase di rallentamento e che si muove in una forte incertezza dovuta agli annunci dei dazi.
La forte volatilità sperimentata dai mercati proprio a seguito della narrativa sui dazi, ha portato l’indice dei titoli principali, Ftse Mib, a chiudere con una performance del 5.7%, mentre più modeste sono state quelle dei titoli star, Ftse Italia Star e delle micro caps, Ftse Italia Growth, cresciuti del 2.1% e 0.38% rispettivamente.

A livello di titoli, sopra tutti spicca la performance di Saipem (+9,99%) che rimbalza dopo il pull back delle ultime settimane. Inoltre, agli operatori piace l’aggiudicazione di due nuovi contratti in Medio Oriente e in Guyana per un importo complessivo di circa 720 milioni di dollari. Il primo contratto comprende le attività di ingegneria, approvvigionamento, costruzione e installazione per la riparazione di condotte sottomarine danneggiate per un importante cliente in Medio Oriente. Il progetto ha una durata prevista di tre anni. Il secondo contratto è una limited notice to proceed di ExxonMobil Guyana, soggetta alle necessarie approvazioni governative e normative, e comprende l’ingegneria, l’approvvigionamento, la costruzione e l’installazione di strutture sottomarine, ombelicali, riser e flowline per l’impianto di produzione e il sistema di esportazione del gas relativo al progetto di sviluppo del giacimento petrolifero Hammerhead, situato nel blocco Stabroek al largo della Guyana a una profondità di circa 1.000 metri. La durata prevista del progetto è di 4 anni.

Medaglia d’argento per Nexi (+8.94%), sempre secondo le indiscrezioni di stampa secondo le quali il fondo d’investimento USA TPG, avrebbe presentato al un’offerta da 850 milioni di euro per la divisione Digital Banking Solution.

Terzo miglior titolo della settimana Telecom Italia (+8.17%), dopo la comunicazione della firma con Boost BidCo (veicolo controllato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze e partecipato da Retelit) dell’accordo per la cessione di Sparkle, il cui enterprise value è stato calcolato essere pari a 700 milioni di euro. Il prezzo per la cessione sarà pari all’enterprise value, rettificato sulla base del valore dell’indebitamento netto e del capitale circolante di Sparkle al closing. Inoltre, l’accordo prevede un’eventuale rettifica del prezzo, qualora non vengano raggiunti alcuni obiettivi relativi all’Ebitda 2025 di Sparkle. Il perfezionamento dell’operazione è atteso entro l’ultimo trimestre del 2025.

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Unico titolo negativo della settimana Amplifon (-8,15%), che continua la discesa innescata dai conti del 4Q24 al di sotto delle attese degli analisti.


Quanto pesano i dazi sull’economia bergamasca?

Le nuove tariffe doganali annunciate dagli Stati Uniti, come riportato dall’inserto di Bergamo del Corriere della Sera del 15 aprile scorso, mettono a rischio esportazioni bergamasche per un valore di circa 2 miliardi di euro, con un impatto potenziale di 212-293 milioni di euro di danni economici (dati della Camera di Commercio di Bergamo), specialmente nel settore agroalimentare (bevande e prodotti caseari).

Quest’ultimo rappresenta il 25% dell’export alimentare della provincia, con il 94% concentrato nelle bevande e una quota importante nei prodotti caseari, fiore all’occhiello del territorio.
Quando i mercati globali tremano, Bergamo si rialza. Siamo di fronte a una sfida complessa: i dazi statunitensi minacciano l’export bergamasco, mettendo a rischio un settore economico che rappresenta il cuore pulsante della Lombardia. Ma la storia di Bergamo è scritta da imprenditori resilienti, capaci di trasformare le difficoltà in opportunità.

A cominciare dal 2020 ci sono stati una serie di contraccolpi economici (la pandemia globale, le barriere commerciali imposte dagli Usa, l’invasione Russa in Ucraina) in grado di assestare un colpo definitivo per le esportazioni bergamasche. La reazione è stata invece molto forte per una provincia nota per la sua tenacia manifatturiera e che non si arrende mai di fronte alle avversità.

Bergamo non è solo un territorio. È una comunità di innovatori, artigiani e imprenditori che sanno trasformare le sfide in opportunità di crescita. Bergamo rappresenta un vero e proprio gioiello economico della Lombardia, con un’economia votata all’export che affonda le radici in una tradizione manifatturiera secolare. La provincia si distingue per un tessuto imprenditoriale formato prevalentemente da piccole e medie imprese, capaci di coniugare innovazione e artigianalità. I settori trainanti delle esportazioni  spaziano dalla meccanica all’abbigliamento, dall’alimentare alla tecnologia, dimostrando una versatilità che rende le imprese bergamasche competitive sui mercati internazionali.


I pilastri dell’export

Le esportazioni bergamasche poggiano su tre settori fondamentali. In primis, il comparto macchinari e attrezzature, che da solo rappresenta circa il 30% dell’export, con aziende che esportano soluzioni tecnologiche all’avanguardia in tutto il mondo. Il settore tessile, secondo pilastro, che mantiene intatta la sua tradizione secolare, reinterpretandola attraverso produzioni di nicchia e altissima qualità. Non ultimo, il comparto agroalimentare, che porta sulle tavole internazionali l’eccellenza dei prodotti della provincia: dai formaggi ai vini, simbolo di un territorio ricco di sapori e cultura.

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La forza delle imprese

Ciò che contraddistingue l’export è la capacità di adattamento e l’incredibile spirito imprenditoriale dei bergamaschi. Le aziende non sono semplicemente produttori, ma veri e propri ambasciatori di un modello produttivo che coniuga tecnologia, creatività e qualità. Ogni imprenditore bergamasco porta con sé una storia di sacrificio, innovazione e passione, valori che si riflettono nei prodotti esportati e che permettono di competere sui mercati globali.

L’ecosistema economico non è statico, ma si evolve costantemente. Le aziende investono in ricerca e sviluppo, supportano le startup innovative e creano reti di collaborazione che permettono alle stesse di crescere e competere. La digitalizzazione, l’internazionalizzazione e la sostenibilità sono le parole chiave che guidano la trasformazione, permettendo alle aziende di guardare oltre le sfide contingenti e progettare un futuro sempre più competitivo.


Panoramica dell’economia dell’export di Bergamo

Il tessuto imprenditoriale di Bergamo è molto dinamico e resiliente. L’intera provincia si distingue per un export diversificato e di alta qualità, che poggia su settori strategici capaci di competere sui mercati internazionali. Le eccellenze produttive bergamasche raccontano una storia di innovazione, tradizione e competenza manifatturiera.

I principali settori che compongono l’ecosistema dell’export includono:

Meccanica e elettronica, con circa il 35.7% di export annuo verso gli Stati Uniti. Questi settori, che rappresentano il principale comparto esportatore di Bergamo verso gli USA, subiranno un aumento tariffario medio dell’1.4%. Sebbene l’incremento sembri moderato, il volume elevato delle esportazioni implica un impatto economico significativo, con una potenziale perdita di
competitività;

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Agroalimentare, con il 5.7%. Questo settore potrebbe affrontare un aumento tariffario medio del 5.8%, colpendo prodotti come vino, olio d’oliva, formaggi e salumi, che sono punti di forza
dell’economia bergamasca;

Trasporti con circa il 20%. Questo settore potrebbe subire un incremento tariffario del 5.6%, con particolare impatto su componenti automotive e macchinari;

Moda (tessile, abbigliamento, calzature, pelletteria) con il 21.2% circa. Sebbene meno rilevante in termini di volume rispetto alla meccanica, il settore della moda potrebbe vedere un aumento dei dazi, ma non è previsto un impatto significativo a meno che non si applichi la “reciprocità perfetta” proposta dagli USA, che potrebbe ridurre i dazi su questi prodotti.

Chimica e farmaceutica, con il 17.4% circa, potrebbe subire un effetto tariffario del 7% circa.

La forza delle aziende bergamasche risiede nella capillarità del tessuto imprenditoriale: piccole e medie imprese che fanno della flessibilità e dell’adattamento il proprio punto di forza. Ogni azienda bergamasca non è solo un’unità produttiva, ma un presidio di know-how, un nucleo di competenze che si tramandano di generazione in generazione.


Impatto dei dazi USA sulle esportazioni

Secondo alcune analisi, dazi del 10% potrebbero ridurre il PIL italiano dello 0,5-1% nei prossimi tre anni, con un impatto proporzionalmente maggiore su regioni esportatrici come la Lombardia.
Per Bergamo, si stima che un aumento tariffario del 5% potrebbe ridurre le esportazioni verso gli USA del 10-15% nei prossimi due anni, con una perdita di valore compresa tra 500 milioni e 1 miliardo di euro annui, a seconda del settore.

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Tuttavia, la pausa di 90 giorni sui dazi per i paesi non-Cina (annunciata il 5 marzo 2025) offre un breve periodo di respiro per negoziare esenzioni o riduzioni, ma non garantisce una soluzione definitiva. I dazi statunitensi rappresentano quindi una minaccia concreta per il tessuto economico bergamasco. Le politiche commerciali degli Stati Uniti hanno creato un contesto particolarmente sfidante per le imprese esportatrici, colpendo duramente settori strategici come la meccanica, i prodotti agroalimentari e il manifatturiero. Le tariffe imposte hanno generato immediate ripercussioni economiche, aumentando i costi di trasporto e rendendo i prodotti meno competitivi sul mercato americano.

Il settore più colpito risulta essere quello delle macchine utensili e dell’attrezzatura industriale, dove Bergamo vanta una leadership internazionale. Le barriere tariffarie hanno sostanzialmente ridotto la capacità di esportazione, costringendo le aziende a ripensare completamente le proprie strategie commerciali. I dazi, che in alcuni casi raggiungono percentuali fino al 25%, rappresentano un ostacolo significativo per le piccole e medie imprese che faticano ad assorbire questi costi aggiuntivi.

Le conseguenze economiche vanno ben oltre i numeri immediati. Ogni dazio rappresenta non solo un costo finanziario, ma un colpo alla reputazione internazionale e alla credibilità del sistema produttivo italiano. Le aziende, storicamente abituate a competere sui mercati globali con qualità e innovazione, si trovano costrette ad una ridefinizione dei propri modelli di business, cercando alternative e nuove strade di penetrazione commerciale.
Gran parte degli imprenditori bergamaschi sta trasformando questa sfida in un’opportunità di ripensamento complessivo delle strategie di export. Le imprese bergamasche stanno diversificando i
mercati di sbocco, investendo in innovazione tecnologica e cercando alleanze internazionali che possano mitigare l’impatto dei dazi statunitensi. La forza risiede nella capacità di adattamento e nella creatività imprenditoriale che da sempre contraddistingue il territorio.

Davanti alle sfide dei dazi statunitensi, gli imprenditori hanno immediatamente capito che non potevamo rimanere prigionieri di un unico mercato. La diversificazione è diventata la parola d’ordine, un imperativo strategico per sopravvivere e crescere. Non più dipendenza esclusiva dagli Stati Uniti, ma un orizzonte globale che abbraccia nuove opportunità commerciali.
I mercati emergenti sono quindi diventati il nuovo terreno di conquista. Gli imprenditori hanno rivolto lo sguardo verso l’Asia, con la sua crescente domanda di prodotti manifatturieri di alta qualità e verso l’Africa, un continente in rapida trasformazione economica. Le aziende hanno iniziato a tessere relazioni commerciali in paesi come la Cina, l’India, il Vietnam e alcuni stati africani, dove il “Made in Bergamo” può rappresentare un marchio di eccellenza e innovazione.

La strategia non è solo geografica, ma anche culturale. Le aziende hanno infatti investito nella formazione di team dedicati alla comprensione dei nuovi mercati, studiando le specificità locali, i comportamenti di consumo e le normative commerciali. Ogni nuovo territorio rappresenta una sfida unica che richiede approcci personalizzati, flessibilità e una profonda capacità di adattamento. Non più esportazione standardizzata, ma un dialogo continuo con i nuovi partner internazionali.
I risultati di questa strategia sono già evidenti. Alcune aziende hanno registrato crescite significative in mercati come il Sud-est asiatico e l’America Latina, compensando parzialmente le perdite causate dai dazi statunitensi.


Innovazione e sviluppo del prodotto

In un contesto economico sempre più competitivo e frammentato, le aziende hanno compreso che l’innovazione non è solo una scelta, ma una necessità strategica. Gli imprenditori stanno ridisegnando i propri processi produttivi e i propri prodotti per superare le barriere commerciali e conquistare nuovi mercati.
Fondamentali sono gli investimenti in Ricerca e Sviluppo, che rappresentano la chiave per la competitività internazionale. Le aziende stanno puntando su:

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 Tecnologie avanzate di produzione
 Design innovativo
 Sostenibilità ambientale
 Personalizzazione dei prodotti
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La storia di Bergamo è una storia di resilienza, innovazione e determinazione. Di fronte ai dazi statunitensi e alle sfide globali, lungo dall’arrendersi gli imprenditori bergamaschi hanno rilanciato, trasformando le difficoltà in opportunità, ridisegnando strategie, prodotti e processi. Il tessuto imprenditoriale ha dimostrato una capacità straordinaria di adattamento. Sono stati fortemente diversificati i mercati di sbocco, investito in innovazione e sviluppato nuove competenze. La digitalizzazione, la ricerca e la formazione sono diventati gli strumenti principali. Bergamo non è solo un territorio geografico, ma un ecosistema di creatività e dinamismo economico. Siamo convinti che continuerà a crescere, a innovare e a conquistare nuovi orizzonti, perché questa è la natura degli imprenditori bergamaschi: essere sempre un passo avanti. Il futuro non aspetta. Le imprese e gli imprenditori bergamaschi sono capaci di costruirlo giorno dopo giorno, con passione, intelligenza e coraggio.


Antonio Tognoli

Ho iniziato a lavorare come analista finanziario nel 1983, occupandomi di economia e politica economica e nel frattempo mi sono laureato in scienze bancarie, finanziarie e assicurative. Oggi mi occupo di analisi macroeconomica all’interno di Corporate Family Office – CFO SIM. Giornalista pubblicista, docente ai corsi post laurea de “24Ore Business School” e dell’Associazione Italiana per l’Analisi Finanziaria – AIAF e co-autore del libro Analisi Finanziaria e Valutazione Aziendale, a cura di Franco Pedriali.

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