Le due associazioni presentano le loro richieste a Bruxelles in vista dell’avvio dei lavori per il Circular Economy Act, che sarà presentato nel 2026
In vista dell’avvio dei lavori sul Circular Economy Act, EuRIC (European Recycling Industries’ Confederation) e FEAD (European Waste Management Association ) hanno pubblicato due distinti documenti per mettere in luce le loro proposte alla Commissione Europea per rendere concreti gli ambiziosi obiettivi di circolarità previsti da Bruxelles.
Le due associazioni, testi alla mano, condividono la stessa visione per quanto riguarda le scelte da indicare alla Commissione Ue sui passi da seguire per portare avanti una vera e propria politica che metta al centro l’economia circolare e, proprio per questo, alla base di entrambe le proposte troviamo la necessità della creazione di un mercato per i prodotti riciclati ‘made in Ue’. Secondo le associazioni, infatti, è necessario un forte mercato interno per i materiali riciclati se si vuole centrare l’obiettivo del Clean Industrial Deal, che mira a raggiungere un tasso di utilizzo circolare delle risorse del 25% entro il 2030. Obiettivo dal quale l’Ue resta molto lontana. Nel 2023, ricorda infatti FEAD, “solo l’11,8% dei materiali utilizzati dall’industria europea derivava da fonti riciclate: un aumento di appena 1,1 punti percentuali dal 2010. Questa stagnazione evidenzia la necessità di misure robuste dal lato della domanda per integrare gli sforzi esistenti dal lato dell’offerta e di condizioni di parità con le materie prime”.
Per aumentare il mercato all’interno dell’Unione servono insomma interventi strutturali, a partire dall’introduzione di nuovi obiettivi di contenuto riciclato, accanto a quelli già previsti. Secondo EuRIC è “essenziale estendere l’ambito del contenuto riciclato oltre la plastica, includendo anche metalli critici e di base, pneumatici, materiali da costruzione e tessuti”, grazie a questo ampliamento di materiali si contribuirà “a disaccoppiare il prezzo dei materiali riciclati da quello dei materiali vergini. Sia la legislazione specifica per prodotto (ad esempio per imballaggi, veicoli, elettronica o edilizia) sia la legislazione orizzontale come il Regolamento sull’ecodesign per prodotti sostenibili (ESPR) dovrebbero attuare misure ambiziose per incrementare l’uso di materiali riciclati da rifiuti post-consumo.
Una volta definiti questi obiettivi, avverte tuttavia l’associazione dei riciclatori, “è fondamentale che siano implementati solidi meccanismi di verifica e tracciabilità, inclusi audit di terze parti, per garantire condizioni di parità”, senza le quali “l’industria europea del riciclo sarà ad alto rischio, perdendo competitività a causa di importazioni massicce e fraudolente provenienti da paesi terzi”, avverte EuRIC.
Per questo, scrive l’associazione, è necessaria “l’attuazione di ‘clausole specchio’ per garantire che la raccolta, il trattamento e il riciclo dei rifiuti al di fuori dell’UE rispettino gli stessi standard ambientali, sociali e qualitativi applicati nell’UE”. Secondo FEAD, inoltre, è necessario proteggere anche la definizione di prodotto ‘riciclato’. Bisognerebbe, quindi, “garantire che vengano conteggiati solo i rifiuti post-consumo. Escludere i materiali di origine biologica e i rifiuti pre-consumo dalla definizione di “contenuto riciclato”.
L’appello, insomma, è a “promuovere e dare priorità all’uso di materiali riciclati ‘made in Europe’“. A partire dalla plastica, settore che da un lato vede il mercato Ue inondato da plastiche vergini e riciclate non tracciate provenienti da altre parti del mondo e, dall’altro, rischia di ingolfarsi dopo l’entrata in vigore, nel 2024 del Regolamento UE sulle spedizioni di rifiuti che ha imposto, tra le varie misure, il divieto assoluto di spedizione di rifiuti di plastica verso Paesi non OCSE dal 2026. Secondo EuRIC “non è coerente limitare le esportazioni e, allo stesso tempo, rimanere in silenzio e indifferenti alla concorrenza sleale di paesi terzi con standard ambientali e lavorativi più bassi” tuona l’associazione, che chiede “l’istituzione di codici doganali internazionali distinti per la plastica vergine e riciclata in relazione alla loro spedizione, per monitorare meglio i flussi commerciali globali e individuare potenziali pratiche di dumping” e anche “maggiore efficienza e coerenza nel quadro normativo dell’UE che disciplina la spedizione di rifiuti e materiali riciclati, tenendo conto della domanda interna e della competitività dell’industria del riciclo dell’UE nel mercato globale”
Altro tema comune ai position paper delle due associazioni, la necessità di un “quadro regolatorio più preciso, strutturato e ‘amico della concorrenza’”, scrive FEAD, per i sistemi di responsabilità estesa del produttore, o EPR. Secondo l’associazione, infatti, “molti programmi sono mal gestiti, privi di incentivi efficaci per migliorare il riciclo e la progettazione circolare, mentre competono in modo sleale con le aziende di gestione dei rifiuti”, concetto ripreso anche da EuRIC: “Negli ultimi decenni, sono stati istituiti regimi di responsabilità estesa del produttore (EPR) per applicare il principio ‘chi inquina paga’. Tuttavia, non vi è alcuna documentazione che dimostri che la recente proliferazione dei regimi di EPR crei un’economia più circolare nell’UE. In effetti -scrive EuRIC- i regimi di EPR hanno ampiamente fallito nel promuovere la progettazione orientata al riciclo. In linea con i principi di proporzionalità e sussidiarietà, e prima di istituire nuovi regimi, è opportuno effettuare una valutazione socioeconomica della responsabilità estesa del produttore come strumento politico rispetto a misure alternative. Quando il flusso di rifiuti in questione ha un valore economico complessivamente positivo, i regimi EPR non sono necessari, poiché il loro valore è di per sé un incentivo sufficiente a coprire i costi del loro riciclaggio”. Secondo le associazioni, quindi, il meccanismo dell‘EPR dovrebbe intervenire solo in caso di “fallimento del mercato piuttosto che sistematicamente”.
Un altro tassello riguarda poi la semplificazione e armonizzazione delle autorizzazioni al riciclo per migliorare la circolazione dei materiali secondari. Per EuRIC, infatti, “è essenziale rimuovere le barriere commerciali tra gli Stati membri e garantire un’interpretazione coerente dello status giuridico dei materiali riciclati da parte delle autorità competenti. Inoltre, in base alle norme UE in materia di spedizione di rifiuti, il disaccordo tra le autorità competenti sulla classificazione di un materiale come rifiuto o non rifiuto comporta l’applicazione di norme più rigorose in materia di spedizione di rifiuti. Pertanto, accelerare l’adozione di criteri di cessazione della qualifica di rifiuto a livello UE è un requisito per creare un mercato UE ben funzionante”.
La stessa tesi è portata avanti anche da FEAD, che chiede infatti di “rafforzare la capacità amministrativa degli Stati membri in materia di controllo delle spedizioni: l’applicazione delle norme sulle spedizioni non è uniforme in tutta l’UE a causa della carenza di personale, della mancanza di strumenti digitali e di procedure poco chiare. La Commissione dovrebbe emanare orientamenti e stanziare sostegno per lo sviluppo di un’adeguata capacità di applicazione, in particolare a livello regionale”.
Tutto questo aggiornamento normativo, però, sottolineano EuRIC e FEAD, deve andare di pari passo anche con una spinta ai finanziamenti per il comparto green. Per l’associazione dei riciclatori, ad esempio, la soluzione potrebbe essere quella dell’istituzione di un Fondo per l’Economia Circolare che possa sostenere gli investimenti in ottica di innovazione tecnologica e che, allo stesso tempo, possa anche donare un sospiro di sollievo ai settori più in crisi, come plastica e tessile.
Anche FEAD propone delle soluzioni per incentivare l’uso dei materiali secondari, come ad esempio una serie di premi per l’utilizzo di prodotti riciclati, ma anche un’aliquota IVA ridotta per i servizi di riciclo. Questo meccanismo “invierebbe un chiaro segnale fiscale a favore dei modelli di business circolari e
aumenterebbe la competitività dei materiali riciclati”.
L’armonizzazione delle regole, la semplificazione ma anche l’accesso a fondi specifici per le aziende che si occupano di riciclo sono al centro di questi documenti. Le associazioni del comparto dell’economia circolare si presentano a Bruxelles con la richiesta di azioni concrete per rendere realmente competitivo il settore del riciclo. Ora l’avvio del cantiere tocca alla Commissione Europea che entro il 2026 dovrà presentare la propria proposta.
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