La giornata del 28 aprile è stata istituita dall’Organizzazione internazionale del lavoro nel 2003 per sensibilizzare Governi, datori di lavoro, lavoratori e sindacati sui rischi presenti nei luoghi di lavoro e sulle misure da adottare per prevenirli. Bisogna utilizzare questa ricorrenza, parlandone però tutti i giorni, per promuovere il dialogo e la collaborazione tra tutti i protagonisti del ciclo produttivo.
Sono oltre 2,78 milioni i decessi causati ogni anno nel mondo da incidenti o malattie legate al lavoro. È quanto rileva l’Organizzazione internazionale del lavoro delle Nazioni Unite, secondo cui ogni anno si verificano anche circa 374 milioni di incidenti non mortali sul lavoro. L’agenzia dell’Onu, evidenzia come a causa delle innovazioni tecnologiche e dei cambiamenti organizzativi o sociali, stanno emergendo per i lavoratori anche nuovi rischi legati a nuove tecnologie e processi produttivi come la nanotecnologia o la biotecnologia; carichi di lavoro più elevati; nuove forme di occupazione come lavoro autonomo, esternalizzazione, contratti a tempo determinato.
In Italia, nel 2024 si sono verificati 1.090 incidenti mortali nei luoghi di lavoro (dato provvisorio Inail) e nei primi due mesi del 2025 138 lavoratori hanno perso la vita, con un +16% rispetto ai primi due mesi del 2024.
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella intervenendo ieri mattina durante la visita all’azienda BSP Fharmaceuticals di Latina in occasione della celebrazione della Festa del lavoro ha ricordato “come il lavoro non può separarsi mai dall’idea di persona, dalla unicità e dignità irriducibile di ogni donna e di ogni uomo, nessuno deve sentirsi scartato o escluso, il lavoro è radice di libertà, ha animato la nostra democrazia, ha prodotto eguaglianza e coesione sociale”.
Sulla base delle parole di Mattarella, il primo pensiero va in particolare a coloro che hanno perso il lavoro e a chi ha perso la vita nello svolgimento di una professione, perché salute e sicurezza nei luoghi lavorativi, tema della festa del Primo maggio di Cgil, Cisl e Uil, significa custodire i lavoratori, reinserirli nelle attività produttive e rinnovare la speranza in un mondo del lavoro più umano, inclusivo e solidale. Questo è l’impegno quotidiano per un’economia che metta al centro la persona e la sua dignità, ricordando che nessun diritto può essere pienamente tale se non è accessibile a tutti, soprattutto ai più fragili.
Questo deve essere l’impegno del sindacato che ha il dovere di porsi come soggetto unitario, ponte tra le esigenze del lavoratore e la responsabilità sociale dell’impresa. Ma anche dei datori di lavori, come ha ricordato il compianto papa Francesco all’udienza dell’Associazione nazionale dei costruttori edili il 20 gennaio 2022, ai quali veniva sottolineato che “la vera ricchezza sono le persone e senza di esse non c’è comunità di lavoro, non c’è impresa e non c’è economia”.
La Giornata internazionale dei lavoro sicuro rappresenta un momento di profonda riflessione e rinnovato impegno. Essa non è solo una commemorazione storica delle lotte dei lavoratori per i diritti fondamentali – come il giusto salario, l’orario dignitoso, la sicurezza sul lavoro, la formazione e la possibilità di organizzarsi come libero sindacato che in alcuni Paesi è vietato -, ma è anche un’occasione per riaffermare la centralità della persona nel mondo del lavoro.
Alla luce della Dottrina Sociale della Chiesa, il lavoro non è solo una prestazione produttiva, ma anche l’espressione della dignità umana, strumento di partecipazione e di collaborazione per il bene comune. Questa giornata assume quindi un valore particolare, soprattutto in un tempo segnato ancora dalla precarietà e dallo sfruttamento.
Altro tema toccato dal presidente della Repubblica Mattarella è stato quello del salario. L’ultimo rapporto mondiale 2024-2025 dell’Organizzazione internazionale del lavoro evidenzia che l’Italia “si distingue per una dinamica negativa nel lungo periodo, con salari reali inferiori a quelli del 2008”, nonostante l’avvenuta ripresa a partire dal 2024 e la poca crescita della produttività riscontrata dal 2022.
La questione salariale è fondamentale per ridurre le disuguaglianze, per dare una risposta alle nuove generazioni affinché incontrino meno difficoltà a progettare il proprio futuro e per molti dipendenti che faticano ad arrivare alla fine del mese. C’è un salario indiretto che però deve essere valorizzato sempre di più dalla contrattazione collettiva e dalla legge con le ulteriori defiscalizzazioni, quello del welfare aziendale e della bilateralità nazionale dove sono riconosciute significative prestazioni, come la sanità e la previdenza complementare, la copertura delle spese per l’acquisto dei libri scolastici dei propri figli, l’assistenza alla genitorialità (convenzioni con asili nido e scuole per l’infanzia), oppure ai caregiver, buoni acquisto per la spesa o per il carburante e il microcredito.
Queste sono esperienze concrete già realizzate in molti settori e comparti produttivi, ma che coprono solo il 30% dei lavoratori. Per questo va potenziato lo strumento del welfare collettivo di categoria o territoriale e nello stesso tempo servono iniziative politiche sindacali per aumentare la contrattazione del salario dí partecipazione oggi ancora debole nelle piccole e medie imprese.
In un contesto segnato da profonde trasformazioni tecnologiche, ambientali e culturali, è urgente recuperare una visione del lavoro come luogo della realizzazione della persona. Bisogna costruire occasioni per un lavoro buono capace di includere, di garantire pari opportunità, di tutelare i più fragili e di promuovere condizioni dignitose per tutti. È necessario superare la logica dello sfruttamento e del profitto fine a se stesso, per costruire un’economia fondata sulla solidarietà e sul rispetto dell’ambiente.
Solo con un’etica forte, condivisa e orientata al servizio della persona, il lavoro potrà tornare a essere davvero strumento di partecipazione, di sviluppo e di giustizia sociale attraverso una distribuzione più equa della ricchezza prodotta.
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