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Singapore verso le elezioni, Wong punta ad un’ampia maggioranza in un contesto economico difficile


Si terranno domani a Singapore le elezioni per il rinnovo del Parlamento. Per la prima volta dal 2001, non sarà Lee Hsien Loong il candidato primo ministro del Partito d’azione popolare (Pap), ma il suo successore, il premier in carica Lawrence Wong, che si è insediato quasi un anno fa e cerca ora la conferma attraverso una vittoria elettorale. Saranno eletti 97 deputati e i candidati in corsa sono 211, il numero più alto nella storia della città-Stato. Si vota con sistema maggioritario. In alcuni collegi si elegge un singolo parlamentare mentre in altri un gruppo di quattro o cinque; in queste “squadre” presentate dai partiti devono essere presenti esponenti delle minoranze etniche. Inoltre, in aggiunta agli eletti, entreranno nell’assemblea alcuni tra i migliori perdenti (12 al massimo), per garantire rappresentanza all’opposizione, e alcuni nominati (nove al massimo), scelti tra personalità della società civile.

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Il Partito d’azione popolare parte da una maggioranza di 79 seggi. A contendere la vittoria a Wong e al Pap saranno il leader dell’opposizione Pritam Singh, segretario generale del Partito dei lavoratori (Wp), che conta dieci parlamentari uscenti, e Leong Mun Wai del Partito del progresso (Psp), che ne ha due. Stando ai sondaggi pubblicati prima dell’inizio della campagna elettorale (durante la quale la pubblicazione è vietata), in realtà, non dovrebbe esserci incertezza sul risultato. Tuttavia, molti elettori erano ancora indecisi e comunque il voto si svolge in un clima di preoccupazione per l’economia e l’aumento delle tensioni geopolitiche tra gli Stati Uniti e la Cina.

Il Partito dei lavoratori, infatti, promette un sistema fiscale più equo con l’aumento delle imposte sui redditi superiori a 320 mila dollari singaporiani all’anno, politiche di sostegno al reddito, abitative, familiari e sociali. Il Wp, inoltre, punta a riformare il sistema previdenziale e la legge elettorale, abolendo i collegi con rappresentanza di gruppo e istituendo una Commissione elettorale indipendente. Il Partito del progresso si è impegnato a ridurre l’Iva e a introdurre un salario minimo, ma anche a potenziare l’assistenza sanitaria pubblica. Anche per il Pap tra i punti centrali del programma ci sono la casa (con 50 mila nuovi alloggi pubblici in tre anni), il costo della vita (con bonus e sconti sulle bollette), la sanità (più posti negli ospedali), insieme a misure per la formazione, il sostegno alle imprese e lo sviluppo sostenibile.

Per il Pap, che nonostante l’ampia maggioranza ottenuta nel 2020 registrò il suo peggior risultato, la posta è in gioco è un mandato solido, per continuare a governare in un contesto più difficile. “Stiamo assistendo a profondi cambiamenti nel mondo. Sta diventando più incerto, disordinato e persino instabile. Le condizioni globali che hanno permesso il successo di Singapore negli ultimi decenni potrebbero non essere più valide. Ecco perché ho chiesto queste elezioni generali. In questo momento critico, i singaporiani dovrebbero scegliere la squadra che guiderà la nostra nazione e tracciare insieme la strada da percorrere”, ha spiegato Wong subito dopo lo scioglimento del Parlamento, con qualche mese di anticipo rispetto alla fine della legislatura, da parte del presidente Tharman Shanmugaratnam.

Il piccolo Stato del Sud-est asiatico è molto preoccupato per le nuove politiche commerciali statunitensi. Già prima dell’annuncio dei dazi da parte del presidente Usa, Donald Trump, il governo singaporiano, in cui Wong ricopre anche il ruolo di ministro della Finanze, ha presentato, ottenendo l’approvazione parlamentare, una legge di bilancio per l’anno fiscale 2025-26, iniziato il primo aprile, con una spesa record di 143,1 miliardi di dollari singaporiani, sulla base di una prospettiva di rallentamento della crescita, dopo il 4,4 per cento del 2024: allora, a marzo, l’aspettativa per quest’anno era tra l’uno e il tre per cento. Un mese più tardi l’Autorità monetaria di Singapore (Mas), la banca centrale, ha abbassato la stima ulteriormente, prevedendo un tasso di crescita tra lo 0,5 e l’1,5 per cento. Il Fondo monetario internazionale (Fmi), nel suo ultimo rapporto mondiale, pubblicato il 22 aprile, ha ipotizzando il due per cento. In ogni caso sono percentuali sensibilmente inferiori a quella dell’anno scorso. La manovra finanziaria preelettorale, infatti, fissa sei obiettivi prioritari, cui si collegano diverse misure a sostegno del reddito e delle imprese, nonché della coesione sociale: affrontare le pressioni sui costi, espandere le frontiere della crescita, equipaggiare i lavoratori per tutta la vita, costruire una città sostenibile, promuovere una società solidale e inclusiva, unire il popolo.

Nel suo intervento parlamentare sui dazi annunciati dagli Usa il 2 aprile (dieci per cento per la città-Stato), Wong ha dichiarato che il suo governo non risponderà con controdazi e cercherà di stringere i legami con partner aperti al libero scambio. Tuttavia, si è espresso in modo critico sulla decisione di Washington e non ha nascosto la sua apprensione. Le preoccupazioni degli Stati Uniti riguardo alla Cina “dovrebbero essere affrontate nell’ambito dell’Organizzazione mondiale del commercio (Omc)”, ha detto il leader singaporiano, riconoscendo che “il sistema economico globale ha bisogno di essere riformato”. Tuttavia, ha aggiunto, “quello che gli Stati Uniti stanno facendo ora non è una riforma”: “stanno rifiutando il sistema che hanno creato” mentre continuano a “godere di un peso economico senza pari” e registrano “un surplus con molti dei loro partner commerciali nei servizi”.

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In carica dal 15 maggio 2024, quando è subentrato a Lee Hsien Loong dopo un laborioso processo di ricambio all’interno del Pap, Wong, 52 anni, si presenta dunque all’elettorato in un momento quanto mai delicato. Se nel suo primo anno al vertice, con l’affiancamento di Lee come “ministro senior”, ha puntato sulla continuità, soprattutto nell’apertura economica del suo Paese, piccolo ma con una posizione strategica, ora ha davanti a sé una sfida impegnativa proprio sul fronte dell’economia, mentre la città-Stato teme l’impatto della guerra commerciale Usa-Cina e deve migliorare il suo welfare in risposta a problemi di disuguaglianza e mobilità sociale.

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