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Ucraina, Trump ha fatto suo il ‘piano per la pace’ di Putin. Ma la convergenza tra i due non è nuova


Nei giorni dell’eredità spirituale di Francesco sull’importanza di umanizzare le relazioni, Trump ha presentato un “Piano di Pace per l’Ucraina”. Che però non è suo, ma di Putin. Non è neanche un vero piano di pace: “non c’è pace senza dignità e libertà” (Mattarella). All’Ucraina si chiede di cedere tutti i territori (e genti) conquistati da Putin, e alle due superpotenze le sue terre rare e le sue infrastrutture, in cambio di una tregua che durerà fino a che Putin vorrà. Sì, perché all’Ucraina non viene offerta alcuna deterrenza contro nuovi attacchi: né bombe atomiche (per fortuna), né appartenenza alla Nato.

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Nel gioco delle tre carte del neo presidente si perde, troppo facilmente, il circo mediatico. Eppure, per decifrare Trump un modo ci sarebbe: guardare a quello che fa, non a quello che dice. Cosa ha fatto Trump? Ha alzato i dazi, risparmiando tre soli paesi: Russia, Bielorussia, Corea del Nord. Ha tolto ogni aiuto agli ucraini. Ha fatto suo il “piano” di Putin. Chiaro, no?

D’altronde la “convergenza” fra Trump e i russi non è nuova. Le prime notizie in merito risalgono al 1984 quando, in una fase di difficoltà finanziaria di Trump, il mafioso russo David Bogatin acquistò in contanti cinque condomini di lusso della Trump Tower (Manhattan, NY) per 6 milioni di dollari. Altri condomini vennero acquistati a caro prezzo da oligarchi russi legati al crimine organizzato. (Successivamente gli appartamenti vennero sequestrati dalle autorità Usa perché utilizzati per riciclare il denaro sporco della mafia russa). Nel 1986 Trump venne avvicinato dall’ambasciatore russo negli Stati Uniti per essere invitato a Mosca, dove si recò nel 1987. Il motivo ‘ufficiale’ del viaggio era quello di valutare una ‘Trump Tower’ a Mosca. Trump descrisse poi quel soggiorno come straordinario: i migliori alberghi, lussuose cene, feste, incontri… In quell’occasione, sarebbe stato “reclutato” dal Kgb (secondo alcuni come agente russo con il nome in codice “Krasnov”, secondo altri come mero simpatizzante). Di recente l’ex alto funzionario del Kgb Yuri Shvets ha confermato che Trump divenne “un obiettivo” nel 1987.

Il contesto è quello degli anni ’80, quando i servizi segreti dell’Urss vararono un’ampia strategia per condizionare le società occidentali. Vi erano incluse operazioni coperte per ‘coltivare’ (legare a sé) e ‘promuovere’ giovani americani di prospettiva. Alla fine degli anni “80, Putin a Berlino era impegnato in queste attività. Più tardi, dal 2001 a Mosca fu lui a rilanciare il programma di penetrazione delle società occidentali.

Quel che è certo, al suo ritorno negli Usa Trump manifestò immediatamente, e per la prima volta, ambizioni politiche. Sorprendentemente si candidò, seppur brevemente, alle primarie repubblicane per la Presidenza degli Stati Uniti. E pubblicò una pagina a pagamento sul New York Times nella quale attaccava la Nato e chiedeva che gli Usa rinunciassero a difendere altri Paesi. Ciò avveniva all’apice del confronto fra Reagan e l’Urss.

Nel 1992 Trump dichiarò bancarotta; troppi debiti: le banche americane avevano chiuso i rubinetti. Ma i finanziamenti e gli investimenti russi salvarono Trump, che nel 1994 rilanciò la sua attività. Tanto che nel 2008 il figlio Trump Jr., vicepresidente dell’azienda di famiglia, dichiarava: “Russians make up a pretty disproportionate cross-section of a lot of our assets… in Dubai… in Soho… in New York… We see a lot of money pouring in from Russia”. Anche se i dettagli restano poco chiari, ciò ha alimentato le speculazioni sulla leva finanziaria che la Russia potrebbe esercitare su Trump.

Nel 1996 Trump era di nuovo a Mosca. In seguito, in almeno sei occasioni nel 2007-09, e ancora nel 2013, Trump padre e/o figlio erano a Mosca “per affari”. Tra questi affari vi è, nel 2008, la vendita per 95 milioni all’oligarca russo Dmitry Rybolovlev di una residenza (Maison de L’Amitie, Palm Beach), pagata da Trump solo 41 milioni. Nel 2010 un importante finanziamento della banca pubblica russa Vnesheconombank salvava le imprese immobiliari canadesi di Trump.

Nel 2018 un’inchiesta giudiziaria Usa investigò le interferenze russe nella campagna elettorale del 2016, e i rapporti fra gli uomini di Trump e i funzionari del Cremlino impegnati in tali attività. Anche se Trump riuscì infine a bloccare il procedimento, la Commissione produsse il cosiddetto “Rapporto Mueller”, nel quale stabiliva che: (a) la Russia (non la Cina) aveva svolto attività distorsive del processo elettorale americano di rilevanza “sistemica” in favore di Trump; (b) diversi collaboratori di Trump fin dal giugno 2016 complottarono con funzionari russi per montare uno scandalo al momento giusto intorno a Hillary Clinton (tramite Wikileaks); (c) diversi collaboratori di Trump mentirono al procuratore, per occultare i rapporti con i russi; 4 di loro ammisero di avere mentito; (d) lo stesso Donald Trump aveva tentato di depistare l’indagine.

Il procuratore speciale incriminò 36 fra collaboratori di Trump e altre persone: 7 si dichiararono colpevoli. Nel 2019 J. Bolton, Consigliere per la Sicurezza Nazionale di Trump, lo avvertì che Rudy Giuliani era manipolato dai russi: Trump licenziò Bolton! Nel 2024 scelse come vice J.D. Vance, che deve la sua fulminante carriera politica al magnate Peter Theil, amico personale di Putin. Si può dire che Trump sia letteralmente circondato da filo-russi.

Alcuni servizi segreti occidentali sospettano che Trump sia in qualche modo in mano ai russi. Fra questi, Andrew McCabe, ex vicedirettore dell’Fbi, e un rapporto della Cia del 2021. Chiedetevi: se un vostro agente fosse il Presidente degli Stati Uniti, al posto di Putin quali istruzioni gli dareste? “Gli ordineremmo di fare esattamente quello che sta facendo”, dicono alcuni. Ma nessuno è in grado di dimostrare in modo conclusivo che fra Putin e Trump ci sia qualcosa di più di un’amicizia e… un progetto globale condiviso.

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