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Nature restoration law occasione storica per rigenerare la natura in Italia


L’Italia è tra i Paesi Ue con la maggiore biodiversità terrestre e d’acqua dolce, ma anche tra quelli dove è più minacciata. Su 85 tipologie di ecosistemi naturali presenti lungo tutto il territorio nazionale, il 42% si trova in uno stato di conservazione sfavorevole. Lo stesso vale per le specie: oltre la metà di flora e fauna tutelate a livello comunitario versa in cattive condizioni.

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Su questo aspetto, seppur con una maggioranza appena sufficiente di 336 voti favorevoli, 300 contrari e 13 astenuti, il Parlamento europeo ha approvato nel 2024 la Nature restoration law (Nrl). Il Regolamento fissa obiettivi giuridicamente vincolanti per il ripristino degli ecosistemi degradati in tutta l’Unione di almeno il 20% entro il 2030 e di almeno il 90% entro il 2050. La Legge, che segna una svolta nell’approccio europeo alla crisi ecologica, necessita di un grosso lavoro politico e culturale per essere realmente implementata. Al fine di facilitare l’adozione e la comprensione della sua portata trasformativa, l’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS), durante l’evento di Genova del 9 maggio del Festival dello Sviluppo Sostenibile, “L’elefante nella stanza il valore (non solo ambientale) della biodiversità”, ha pubblicato il Position paper “La ‘Nature restoration law’: un’opportunità per l’Italia”, realizzato dai Gruppi di lavoro sui Goal 11 (città e comunità sostenibili) e 6-14-15 (acqua e biodiversità marina e terrestre), con anche il contributo di esperte ed esperti esterni. Il documento analizza nel dettaglio i principali ecosistemi, evidenziando criticità e opportunità di intervento, e formula proposte concrete su come definire il Piano nazionale di ripristino (Pnr) in Italia.

Restaurare anche solo il 15% degli ecosistemi degradati potrebbe ridurre del 60% la perdita di specie”, evidenzia l’ASviS, ricordando che il restauro ecologico, oggi riconosciuto come nuova disciplina scientifica integrata, unisce ecologia, economia e scienze sociali, e rappresenta una sfida complessa ma indispensabile per la resilienza del nostro sistema socio-ambientale. La Nature restoration law non è, dunque, solo una normativa ambientale, ma un progetto per il futuro del Paese, che mette al centro il territorio, la salute e la sostenibilità.

Ripristinare gli ecosistemi urbani

Un punto chiave del Regolamento lo troviamo nell’articolo otto che impone a tutti gli Stati membri di garantire entro il 31 dicembre 2030 l’assenza di perdita netta degli spazi verdi urbani e della copertura arborea rispetto al 2024. Dal primo gennaio 2031, inoltre, deve essere innescata una tendenza positiva, legata all’aumento di questi elementi, che va monitorata ogni sei anni. In sostanza, l’ASviS sottolinea che grazie all’applicazione della Nrl molti comuni saranno costretti a porre uno “stop al consumo di suolo”: secondo i dati dell’Ispra oltre 3mila comuni, pari al 40,2% del totale, dovranno adeguarsi a questi nuovi obblighi.

Si tratta di una trasformazione che inciderà profondamente sulle politiche urbane, spingendo verso nuove forme di rigenerazione ecologica grazie anche all’utilizzo delle Nature based solutions, in linea con i target del Goal 15 dell’Agenda 2030 “Vita sulla terra”. In un Paese come l’Italia, dove il consumo di suolo avanza senza sosta – con sei mila ettari di suoli naturali persi solo tra il 2022 e il 2023, di cui il 70% nelle aree urbane – la Nrl rappresenta una sfida enorme.

Altro elemento innovativo riguarda la qualità degli habitat urbani. Accanto all’espansione della superficie verde, il Regolamento valorizza infatti la funzionalità ecologica degli spazi esistenti. Seguendo l’esempio di iniziative come la London national park city, l’Italia dovrebbe quindi realizzare una mappatura degli habitat urbani di valore, molti dei quali ricadono nei siti della direttiva “Natura 2000” (una rete di siti di interesse comunitario e di zone di protezione speciale creata dall’Ue). L’obiettivo è promuovere una visione sistemica che includa “reti verdi e blu” e la conservazione della biodiversità urbana.

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Verso un Piano nazionale di ripristino

In base a quanto prevede la Nrl, l’ASviS ricorda che gli Stati membri sono chiamati a presentare entro il primo settembre 2026 un proprio Piano nazionale di ripristino. Questo Piano sarà cruciale per definire obiettivi, strumenti, attori coinvolti e modalità operative in linea con l’approccio One health, che integra salute umana, salute degli ecosistemi e salute animale. “La redazione del Pnr richiederà una profonda riorganizzazione delle conoscenze esistenti e un deciso salto di consapevolezza sullo stato degli ecosistemi italiani, superando la frammentazione dei dati ambientali e coinvolgendo cittadini, scienziati, istituzioni e territori”, si legge nel Position paper.

L’ASviS, inoltre, propone che il Pnr non sostituisca ma coordini e valorizzi le pianificazioni già in corso (dalla Strategia nazionale sulla biodiversità al Pnrr, dai Piani di bacino alle Strategie regionali di sviluppo sostenibile). In pratica, il Pnr deve fungere da cabina di regia, sotto la guida del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica (Mase), per poter connettere ecosistemi urbani, fluviali, agricoli e forestali, promuovendo politiche integrate anche nel contrasto alla crisi climatica.

In questa ottica, un nodo strategico riguarda il coinvolgimento degli enti territoriali, “i veri attuatori delle misure previste”. A tal proposito, occorre accelerare sull’adozione di alcuni provvedimenti legislativi nazionali fermi da troppo tempo, come la legge sul consumo di suolo.

L’attuazione della Nrl richiederà, poi, una efficace attività di monitoraggio, in particolare su due fronti: il rispetto delle scadenze e la valutazione dei risultati. L’ASviS sottolinea la necessità di coinvolgere Ispra e Istat in questo processo, garantendo la tracciabilità dei dati e l’integrazione con altre strategie nazionali, in particolare quelle sulla biodiversità. Il monitoraggio sarà anche utile per anticipare azioni virtuose già previste da altri strumenti (per esempio i Piani locali di adattamento climatico) e verificarne l’impatto.

La Nature restoration law invita, infine, a una gestione integrata e sostenibile del suolo. Il ripristino dovrà riguardare non solo gli spazi urbani ma anche l’accumulo di carbonio nei suoli agricoli e organici, il riutilizzo e la bonifica dei suoli contaminati, la prevenzione della desertificazione, e l’economia circolare applicata al suolo. Un compito ambizioso, ma cruciale per affrontare in modo strutturale la perdita di biodiversità e la crisi climatica.

Scarica il Position Paper



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